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lunedì 20 maggio 2013

Come cani che lasciano il tag

A parziale precisazione, ecco una lettera molto sensata di un conoscente, indirizzata alla Provincia Pavese.

Ha molto colpito il super-blitz contro i presunti imbrattatori dei muri del nostro centro storico: un centinaio di agenti nelle case alle 6 del mattino, sequestro dei corpi di reato, seriose dichiarazioni del Sindaco, paginoni sul quotidiano. Non credo ci sia stata da anni a Pavia un’ azione così eclatante di controllo e repressione. Eppure siamo una città dove la mafia ha dato fuoco alla casa di un giornalista e alla macchina di un Consigliere Comunale. Una simile operazione forse si è visto ai tempi delle Brigate Rosse, ma per fortuna è storia lontana, e speriamo che lontana resti.
Ne ho parlato con mia figlia, sedicenne, anche perché tra i minorenni presi di mira c’è una sua amica che anch’io conosco. Una ragazza simpatica ed estrosa, brava a scuola e – come si diceva una volta - di “buona famiglia”. E’ una writer. Dipinge, insieme alla sua compagnia, i muri grigi e fatiscenti che sono in varie zone della città ( nelle periferie, nelle aree dismesse, lunghi i muri della Caserma Calchi, nei percorsi del treno, ecc.). Ci vanno di notte, con un “progetto grafico” che poi rinnovano, quando pensano che è venuta l’ora di tornare.
Perché lo fai, le ho chiesto un giorno? “Per rendere più belli e allegri quei muri senza più anima né storia… e poi è divertente perché è proibito“.
Io ho quasi sessant’anni, faccio fatica a capire tante cose dei “ragazzi di oggi”.
Parlando con lei ho però compreso che tra i writers e quelli che lasciano i loro “nomi/marchi” (i tag) ovunque, nel centro storico, c’è una grande differenza e c’è anche un po’ di repulsione. “Noi siamo artisti di strada - mi ha detto – loro sono come i cani che lasciano le pisciate in giro di qua e di là, solo per sentirsi vivi”.
Mi chiedo quindi se il mega-blitz abbia anche una funzione educativa: colpirne 30 per educarne mille? Ho i miei dubbi che sia una pedagogia vincente. Non si “con-vincono” così i ragazzini.
Chi governa la città (che fa schifo veramente, con tutte queste brutture-pisciate, lì da anni, nonostante le promesse elettorali e che resteranno, penso, nonostante il blitz) dovrebbe fare uno sforzo in più, per trovare vere soluzioni. In tante altre città, in Italia ed in Europa, non siamo messi così male. Si vada a capire come fanno.
Il nostro centro storico è davvero molto bello. E’ il lasciato generoso delle generazioni che ci hanno preceduto. Dalle generazioni di oggi dobbiamo chiedere e pretendere di continuare a coltivarne la bellezza. Non penso però che un “messaggio” convincente siano i blitz alle 6 del mattino per sequestrare una bomboletta di colore vermiglio. Signor Sindaco, faccia uno sforzo, pensi a qualcosa di meno eclatante ma di più efficace, educativo e duraturo. La nostra città davvero se lo merita. E i nostri ragazzi pure.
mimmo damiani

giovedì 22 novembre 2012

una risposta a Suzuki-Maruti: Renzi non è quello che dici tu

Leggo il lungo ma interessantissimo post di suzukimaruti che compie una call-to-action per votare Renzi.
Per me è il tipico esempio di buona volontà del tutto incoerente con le scelte che propone: accanto a una lettura chiara e lucida delle cose, con cui posso non essere d'accordo ma che sono comunque degne di essere lette e discusse, leggo delle castronerie belle e buone, che lo fanno cadere sui soliti cliché.
Sintetizzo per punti, perdonate se taglio un po' con l'accetta.
- Prima di tutto, le parole sono importanti: social-democratico va bene per Bersani, per Vendola no e forse neanche per Puppato (beh oddio, questa è rivedibile: comunque si capisce la differenza, no? Vendola è anticapitalista, Puppato no ma dice comunque cose difficilmente assimilabili a quelle di Bersani). Andava bene per Prodi, che è stato un pessimo governo, anche se imparagonabilmente meglio di tutti i governi Berlusconi. Ovvio. E non va bene per Renzi, che è chiaramente liberista nelle sue proposte economiche.
- Se mai, il modello egemone è liberista, che non ha funzionato per varie ragioni ed è chiaramente la matrice dell'ultraliberismo (eccolo, questo è Blair) che ha innescato la crisi.
- Il socialismo, scusa, ma è proprio altra cosa. E non è mai esistito in Italia. Ed è precisamente il futuro di cui parli, perché si evolve, mica è quello di Calamandrei o Gramsci, o l'indegno di Craxi e dei suoi: oggi il socialismo è qualcosa che somiglia alla flexicurity, anche se  ha basi (purtroppo, al momento teoriche) assai differenti da quelle di cui parli tu. Per esempio, ci sono nuovi (questi sì, nuovi) modelli di economie solidali basate sul valore della qualità della vita delle persone e non sugli indici di mercato.
- La flexicurity o il modello danese o scandinavo funzionano là e non qua per l'evidente motivo che un terzo, dicesi un terzo dell'economia italiana è al nero e/o criminale; questo non permette nè la flexicurity nè altro, perché non puoi programmare risorse che non hai, perché stai lavorando su dati falsati. Risulta chiara, questa cosa, a Renzi?
- Ancora con 'sta storia che Prodi è caduto per il Prc: scusa ma questa è una delle peggiori cazzate che i dalemiani ripetono da anni, e Renzi dietro. Primo, un governo che si tiene su dieci voti è ridicolo, e cadrà comunque (lo scrivi anche tu). Secondo, non sarebbe caduto se avesse fatto una politica almeno efficace, ma la regia del genio D'Alema (il più stupido politico di sempre) ha impedito che si facessero le leggi che citi come critica al PD in fondo al post e che ha messo Berlusconi nelle condizioni di ricattare il parlamento per anni. Terzo, io un governo che fa la guerra non lo voto. E se mi vieni a dire che era meno guerra delle altre o che si doveva fare per 'soccorrere' il Kosovo, direi che ti sei perso qualche puntata.
- Utopie? UTOPIE? Ma Renzi dove parla di utopie, dove ti pare ispirato da una visione che vada più lontano dell'anno prossimo?
- Sinistra identitaria, destra/sinistra, Pd: sono d'accordo con te su tutto, ma allora non capisco perché voti Renzi. Renzi può cambiare il partito? Boh, forse. Ma si candida al governo del Paese, mica alla Segreteria del partito. Dove è scritto che Renzi ha anche le qualità di governare il Paese? Comunque, il Pd non mi riguarda. Non l'ho mai votato. E non sbavo per un partito al 40% che governi, nè per una democrazia bipolare. Un parlamento è un parlamento e deve rappresentare anche chi, pur non essendo d'accordo con me, potrebbe avere ragione. Strana democrazia è quella in cui uno fa politica per avere sempre ragione: si chiama populismo e il suo obiettivo è il potere e non il bene comune.
- Di nuovo l'anagrafe per dire che Renzi è il nuovo. Io ho 38 anni e sono partita iva dimenticata. E pur concordando con te sulla CGIL (che comunque, un argine a Berlusconi l'ha almeno formato, Renzi non è pervenuto, su questo), mi pare chiaro che il concetto di "nuovo" non sia SOLO e SOLTANTO parlare di tecnologie digitali. Bisogna anche studiare un pochettino e capire cosa sta succedendo e perché, delineare un'idea e una visione di società che si vuole formare e plasmare. Renzi non ha alcuna visione: Renzi dice di voler cambiare i nomi e gli strumenti, non parla mai di fini, di obiettivi. Qual è il centro della sua politica? Il cambiamento. Sì, va bene, ma verso dove? Questo nè lui nè nessuno dei suoi lo dice.
- In generale, penso che la cultura di un Paese debba crescere assieme, se non prima, del suo elettorato. Dopo l'abbruttimento sotto Berlusconi, io non posso tollerare che vi sia un cambio politico SENZA un cambio culturale. E Renzi rappresenta una cultura che NON è abbastanza diversa. La militanza per me ha questo senso: provare a cambiare le cose, giorno per giorno, nel proprio piccolo e nel proprio grande, verso una società di eguali. Una cosa enorme, un'utopia, una cosa (per me) bellissima.
Renzi è troppo poco, è troppo vuoto, troppo finto per colmare questo desiderio.

lunedì 12 novembre 2012

I tuoi occhi celesti. Stefano Benni è tornato


Benni è tornato. (No, nessun dubbio in merito).
Dopo i libri infelici che mi avevano spinto a scrivere una stroncatura in forma di lettera, finalmente un libro felice, evoluto, con la sua vena intatta dentro. Di tutte le ricchezze è lontano dalla comicità di Bar Sport e da Baol, piuttosto è vicino alla poesia di Prima o poi l'amore arriva e Blues in sedici, magari è imparentato per malinconia con Comici spaventati guerrieri e con il film Musica per vecchi animali. Ha forse qualcosa della Grammatica di Dio.
Ma è qualcosa di nuovo.
Ero sicuro che ne avesse ancora, di cose da dire il Stefano amabile e burbera suocera, anzi mi stupiva che fossero alla fine così evanescenti, così poco espressivi e male assemblati i romanzi (e i racconti) usciti da Margherita Dolcevita in poi. Ora che ci penso, soffrivano di una certa rabbia repressa, di una depressione male intesa, di un conflitto irrisolto tra autore e pubblico: lo dico perché qui si respira tutt'altra aria, un'aria tersa e vibrante come le mattine pungenti che svegliano il protagonista, forse pacificata. Non che il punto di vista benniano, con le sue punte di surreale, la sua energia compositiva e il suo umorismo malinconico, sia più distaccato: è esattamente l'opposto.
Il lupo ha battuto il muro in velocità, l'ha saltato o l'ha aggirato o l'ha bucato: insomma tutto quel viluppo di rabbia cieca che aveva alzato un muro invisibile, imprigionando il nostro in un acquario e annebbiando la sua scrittura per asfissia, ora è dissolto e stemperato. Tutto ha colori più vivi e più autentici, e il nostro giovane ultrasessantenne è infine cresciuto, come dopo la febbre il bambino convalescente.
Non che non abbia difetti, anzi. Ma sa raccontare
E quel che racconta è di un amore e anzi dell'amore in alcune sue forme, comprese quelle che hanno a che fare con l'odio e con il fascino segreto dei segreti.
La trama, la trovate qui.
Io me ne torno soddisfatto ad aspettare il prossimo romanzo e vi lascio al piacere di farvi raccontare una storia.
Se qualcuno volesse farne un film, oh - io sono pronto.

lunedì 28 maggio 2012

Per Stefano Benni


Caro Stefano,

scrivo come a un amico o a un fratello o a un invisibile angelo caduto che mi accompagna fino dall'adolescenza: con voglia di verità e poca accondiscendenza alle forme, con quello strano amore, indulgente e un po' cieco, che i lettori riservano al loro scrittore preferito.
Ti ho appena perdonato un brutto romanzo (Pane e tempesta), credo ti perdonerò anche La traccia dell'angelo, però a questo punto sono confuso, e allora scrivo.
Del primo ti posso dire la mia delusione, perché vive di poche, felici intuizioni e di materiale che sembra cucito dagli scarti di altre ispirazioni, perché è scritto quasi per obbligo, male e troppo in fretta. Del secondo, di questo, ti posso dire della meraviglia per un'ispirazione potente e meravigliosa – la traccia, l'angelo, la dipendenza, l'alienazione – e della mia costernazione per un testo scritto così male che ho pensato che, per qualche imperscrutabile ragione, la mia fosse una copia difettata.
E invece.

Stefano, io non lo so perché li hai scritti così e in quale situazione emotiva e biografica. Se avrai voglia me lo racconterai. Io quello che posso dire, a questo punto, è: fermati un momento a pensare a cosa è un tuo libro che esce, a quali e quanti cose dici e puoi ancora dire anche ai ventenni, e non solo ai poco meno che quarantenni come me. Perché il bello è che ne hai ancora, di voglia di immaginare, di entrarci nelle teste e sparigliare tutto. Dai, si vede.
Però devi chiedere a te stesso cosa vuoi fare.
Se ti sei disinnamorato della forma-libro, e vuoi fare solo spettacoli dal vivo (ti ricordo in tour con Umberto, e m dicono che siete sempre fantastici), è già una scelta. Ottima, peraltro. Se davvero vuoi ancora scrivere, invece, cercati un editor che ti segua davvero, ti aiuti a uscire dalla fatica di mettere le tue creature e le tue storie in testi narrativamente coerenti e ti lasci solo il bello del raccontare.

Oppure aspetta, se puoi.
Ferma questa deriva, stai scrivendo sott'acqua. Senza fiato, con la voce appena udibile sotto lo sciaquio delle pagine.
Io, nel frattempo, ti aspetto qui.
Il tuo nuovo affresco sarà più faticoso, più incerto, più ambizioso. Ma almeno sarà vivo. Come sono vivi tutti i personaggi che abbiamo conosciuto, e di cui abbiamo ancora un gran bisogno.
Il mondo è già brutto così, che palle se non sentiamo la tua voce.
E che dolore se arriva con un suono un po' falso, un po' vuoto.

Con affetto e riconoscenza – a.

Stefano Benni, La traccia dell'angelo – 2011 Sellerio


mercoledì 4 aprile 2012

Avana club


Il fantastico tratto di Quino per la visita di un papa (questo o l'altro, sempre papa è) a Cuba, da Z., che sta a due passi dal soglio pontificio ma non ci salirà mai perché "Non ho mica peccato così tanto".

giovedì 3 marzo 2011

zE GIRAFFE'z CREATIVE CONTEST!

Le Giraffe Comunicazione vi invita a partecipare a
zE GIRAFFE'z CREATIVE CONTEST!

Eh?

chi: amici di Le Giraffe Comunicazione
cosa: creare un logomarchio, mandare e aspettare
quando: dal 29 marzo al 29 maggio 2011
come: per e-mail, su invito
perché: perché no?

Oh!

. le Giraffe Comunicazione è la ditta individuale di a. (ze) da quando è un free lance.

? perché le giraffe: la giraffa è un animale goffo ed elegantissimo allo stesso tempo. Sembra fragile e indifeso, ma il calcio di una giraffa adulta può spezzare la schiena a un leone. Dai suoi cinque o sei metri d'altezza vede l'acqua prima di tutti. Si ciba delle foglie che stanno più vicine al cielo. Vive in branchi composti da altri animali perché sa che unire le forze vuol dire difendersi meglio. Il manto rende l'individuo unico, e le singole macchie sono irripetibili come fiocchi di neve.

: le giraffe sono al plurale perché l'idea è quella di mettere a sistema persone, talenti, capacità diverse.

, se e/o quando ci riuscirà, le giraffe saranno un gruppo di professionisti in grado di attivarsi singolarmente o collettivamente per fare un lavoro.

! chi vince avrà l'incarico di preparare i layout dell'immagine coordinata e sarà invitato a cena in un bel posto con cucina normoglutine. Chi non vince vedrà uno o più layout pubblicati in una gallery sul futuro sito web de Le Giraffe Comunicazione. A ogni immagine della gallery sarà linkato un profilo con curriculum super sintetico, immagini e recapiti.

Ah!

Regole del gioco
+ logomarchio, massimo 3 proposte [pdf e jpeg]
- al massimo 3 layout per ogni proposta [pdf e jpeg]: logo, biglietto da visita e carta intestata
x chissà, forse un giorno il logo avrà un pay-off
: le giraffe vive anche senza comunicazione
% i lavori saranno selezionati da una giuria estemporanea nominata senza preavviso all'insaputa degli altri

Maddai
non fate come me. pensate con la vostra testa.

Ma ìo
una lista di invitati riceverà una e-mail di invito.
tu che sei stato invitato: invita chi vuoi ma avvisami.
tu che non hai l'invito, lascia l'indirizzo email in un commento a questo post.

giovedì 10 giugno 2010

Protestiamo?


Contro i bavagli. Contro l'illegalità. Contro chi cerca di far pagare la crisi ai soliti noti. Contro le menzogne. Contro i furbi e i loro sconci mercati. Contro le finanziarie inutili o dannose. Contro la palese mistificazione. Contro la disinformazione. In definitiva contro le prese per il culo.

Protestiamo, dai, tutti insieme.
Popolo viola. Popolo dei post-it. Operai. Giornalisti. Attori, cineasti. Sindacati.
Dai coraggio tutti insieme.

Però posso chiedervi una sola, piccola cortesia? A parziale risarcimento della merda che rovesciate addosso a quelli che 16 anni fa avevano detto che sarebbe successo.
Ponetevi le seguenti domande: ma io, dove cazzo ero, quando era evidente che sarebbe successo e ce lo avevano anche detto quei cazzoni di comunisti?
Soprattutto: cosa ho votato? D'Alema? La Lega?
Ero tra quelli che parlavano di voto utile, come Veltroni?
Che sosteneva che Giulietto Chiesa era un complottista, Occhetto un perdente, e gli altri comunisti settari e disfattisti? Che non si poteva fare a meno di Clemente Mastella (Mastella!) e di Lamberto Dini (Dini!).
Non voglio che rispondiate. Voglio che solo che abbiate dei dubbi. E buona memoria.

Perché se oggi succede tutto questo, se siamo alla fine della parabola della democrazia parlamentare, se siamo alle soglie di una rivolta che nessuno ha la voglia di cominciare, siamo tutti responsabili. Non solo Berlusconi.

giovedì 27 maggio 2010

Donne che odiano le donne


Cara L’Unità, care Valente, Marzano e Fantozzi: se interessa, questo è il parere di un uomo. Marito. Padre. Lavoratore dipendente nel privato. Mi preme osservare tre cose.

Una, come scrive Fantozzi, manca la solidarietà femminile: nelle lettere, nei commenti, ho trovato un’agghiacciante grettezza. La stessa delle donne di Adro: se tutti rispettassero le regole, non saremmo a questo punto. Peccato che per regole si intendano tariffe, e non doveri morali: “Per colpa di qualcuno, non si fa più credito a nessuno”. Grettezza figlia di una frustrazione infinita: io sono stato educato al rispetto, ma adesso vedo che intorno a me vince chi non rispetta. Non posso andare contro la mia educazione, ma posso rinchiuderla dentro un guanto di ferro e ferire chi non è come me, viola il mio recinto di certezze.

Due, Marzano e Valente giustamente ricordano a quelle disorientate, ma anche, perdonate la franchezza, ottuse donne che ribattono “Hai voluto un figlio adesso non ti lamentare” o “A me, nessuno m’aiuta”, che gli strumenti per la parità esistono, come esistono gli strumenti per cancellare o prevenire gli abusi. Esistono le politiche di maternità che in Francia si fanno da 30 anni perché si studiano da 30 anni. Da noi si studia come evadere le tasse. Come rimontare la graduatoria per l'attesa degli asili nido. Invidiando chi è più povero di noi, magari un poco più scuretto, perché la sua fame lo mette davanti a noi.

Tre, da questo vuoto culturale in cui il corpo della donna è alternativamente fabbrica del consenso, manifesto religioso, campo di sperimentazione, terreno di strumentalizzazione, emerge un altro pericoloso segnale: non siamo più solo noi maschi a non capire e non sapere nulla di cosa sia il corpo femminile, e la maternità, e la pari opportunità. Sono le stesse donne, più interessate a scoprire chi è andato in finta maternità nell'ufficio a fianco invece che trovare soluzioni all'eterna battaglia per abbattere la discriminazione di genere. O di negare il saluto alla vicina di casa migrante o migrata invece di portarle l'arrosto perché "Ne ho fatte due fette in più e se non ci si aiuta tra noi".

A questo si rimedia ponendo sempre la stessa domanda a queste donne così poco solidali, così poco disposte a stare dalla parte di chi sta dalla loro parte: scusa, ma tu, per chi hai votato? Dovremmo avere tutti il sospetto che, ribellandoci, avremmo ottenuto di più che non liti condominiali su chi se ne approfitta e chi no.

venerdì 19 febbraio 2010

Lettera aperta di Giuseppe Bianzino, padre di Aldo


pubblicata il 16 novembre 2009, con preghiera di diffusione.
ze City ascolta attenta. e in silenzio.

LETTERA APERTA
di Giuseppe Bianzino (papà di Aldo Bianzino), da veritaperaldo.noblogs.org

Il caso recente di Stefano Cucchi e, quello ancor più recente, di Giuseppe Saladino a Parma (Il Manifesto dell'11 novembre), hanno richiamato l'attenzione sui casi di Marcello Lanzi e di mio figlio Aldo Bianzino, anch'essi morti in carcere in circostanze tutte da chiarire (chissà quando e sopratutto se). Ora, volendo esaminare il caso di Aldo, bisogna precisare alcune cose.

Il P.M. dott. Giuseppe Petrazzini, che aveva fatto arrestare Aldo e la sua compagna la sera del venerdì 12 ottobre 2007, è lo stesso magistrato che ha in carico le indagini sul suo successivo decesso avvenuto nella notte tra il 13 e il 14. Aldo era stato messo in cella di isolamento nel carcere "Capanne" di Perugia. Era stato visto da un medico, che l'aveva riscontrato sano e da un avvocato d'ufficio, col quale aveva parlato verso le 17 di sabato. Non sono disponibili registrazioni di telecamere su ciò che è avvenuto successivamente, né, dopo il decesso, la cella risulta sia stata isolata e sigillata, né che siano stati chiamati per un intervento i reparti speciali di indagine dei carabinieri. A detta degli altri detenuti del reparto, durante la notte Aldo aveva suonato più volte il campanello d'allarme ed aveva invocato l'assistenza di un medico, sentendosi anche, pare, mandare al diavolo dall'assistente del corridoio, la guardia carceraria Gian Luca Cantore, attualmente indagato. Fatto sta che verso le 8 del mattino di domenica le due dottoresse di turno, arrivate a svolgere il loro turno di servizio, trovarono il corpo di Aldo, con indosso solo un indumento intimo (e siamo a metà ottobre, non ad agosto). I suoi vestiti si trovavano nella cella, accuratamente ripiegati (cosa che Aldo, in 44 anni, non aveva fatto mai). Le due dottoresse provarono di tutto per rianimarlo, ma alla fine dovettero desistere: Aldo era morto. L'autopsia, svoltasi il giorno dopo, diede risultati controversi: si parlò prima di due vertebre poi di due costole, rotte, poi tutto fu negato. Di certo ci fu un'emorragia celebrale e un'altra di 200 ml., al fegato. Segni esterni di percosse o violenze, nessuno (i professionisti sanno come si fa C.I.A. insegna). Ora, l'emorragia cerebrale è stata imputata ad un aneurisma, quella epatica ad un maldestro tentativo di respirazione artificiale, che le due dottoresse respingono nel modo più assoluto (e ci mancherebbe, si tratta di medici, mica di personale non qualificato), ma nessun altro ha affermato d'aver fatto tentativi in tal senso. Ora, può accadere quando si è nelle mani delle "forze dell'ordine", lo abbiamo purtroppo visto in molti casi, basterebbe pensare al G8 di Genova, e magari al colloquio recentemente intercettato nel carcere di Teramo (i detenuti non si massacrano in reparto, ma sotto!). L'emorragia cerebrale potrebbe benissimo essere stata la conseguenza di uno stress per colpi ricevuti in altre parti del corpo, immaginatevi l'angoscia e il terrore di una persona in quelle condizioni. In ogni caso credo proprio di poter dire in tutta coscienza che Aldo è stato assassinato in un ambiente violento e omertoso, del quale non si riesce neppure a sapere i nomi del personale presente quella notte nel carcere. Quanto al dott. Petrazzini, mi sembra che dignità gli imporrebbe di passare ad altri il suo incarico, date le omissioni, invece di insistere come sta facendo, per ottenere l'archiviazione del caso.

Ma i veri assassini sono coloro che hanno voluto ed ottenuto una legge sulle "droghe" come l'attuale, persone che nella loro profonda ignoranza considerano in modo globale, senza distinzioni. Una legge fascista e clericale, da stato etico e peggio, da stato che manda in galera (con le conseguenze che si sono viste) il poveraccio che coltiva per uso personale qualche pianta di cannabis, mentre, se la droga (quella pesante, cocaina o altre sostanze) circola nei festini dei potenti, non succede nulla. Vorrei dire comunque che un paese che considera delitto la detenzione e l'uso di droghe, magari solo marijuana, o l'essere "clandestino", pur non avendo colpe e quasi sempre per sfuggire a condizioni di vita impossibili, uno stato che avendo preso in custodia delle persone, è responsabile a tutti gli effetti delle loro vite e della loro salute, uno stato che non riconosce come reato gravissimo la tortura, uno stato che difende i forti e i potenti e non i deboli, è uno stato che non può ritenersi civile e non può chiedere ai suoi cittadini (o sudditi?) di amare la propria patria.

Ci auguriamo che altri blog e altri siti vogliano riprendere questa lettera denuncia e contribuire ad impedire che il buio nasconda la vicenda di Aldo Bianzino e quanto accadrà nelle prossime settimane nelle aule di quel tribunale.

martedì 17 novembre 2009

Ze City aderisce al No B. Day


A Ze City, città resistente, l’assemblea cittadina ha deciso di aderire al No B. Day. Ecco le ragioni.

All’inizio ero perplesso. Come davanti a una cosa che potenzialmente può darti sollievo – un urlo liberatorio in compagnia per dire che è persona indegna e per chiederne le dimissioni – ma che sai che può essere ancora più frustrante.

Non servirà a niente, perché non si dimetterà mai. Ma renderà visibile un’opposizione vera. Scendere in piazza per chiederne le dimissioni è un dovere. Avrebbero dovuto farlo i partiti. Ma solo Prc e Idv l’hanno fatto. E, per motivi diversi, inascoltati.

Chi va e chi no. E chi se ne fotte. Ho fastidio da sempre per l’Idv e Di PIetro, e non sempre li ascolto volentieri. Anche se, per esempio, vorrei sempre avere De Magistris dalla mia. Il fatto che aderiscano, un po’ cavalcando, è nell’ordine naturale delle cose. Ma in generale non me ne fotte niente di chi partecipa: c’è gente che chiede le dimissioni di B. e tanto mi basta.

E se fossimo troppo pochi? Inutile parlare di numeri: anche ci fossero tre milioni di persone, la Questura e il Governo diranno che erano diecimila organizzati dall’estrema sinistra. Solo per questo, il PD dovrebbe partecipare in massa, attivamente, e chiedendo contemporaneamente le dimissioni del Governo in Parlamento. Ma Bersani dice che deve vedere prima quali sono le "parole d'ordine".

Infiltrati. Il fatto che possano esserci infiltrati non è un rischio, ma una certezza. Avete idea di quanta Digos sarà mobilitata? Senza contare che, se le premesse portano a prevedere una manifestazione imponente e ben riuscita, in piazza succederà sicuramente qualcosa. Più promette bene, e più c’è la possibilità che il Governo provi a fare il trappolone. Suggerirei ai negozianti di rimanere a poca distanza dalla vetrina, muniti di macchina fotografica.

La prova decisiva. Arriva oggi, l’idea. Apprendo che due furbastri hanno deciso di organizzare, stesso giorno stessa ora, il Sì B. Day. Non ho riso per niente: è come scegliere deliberatamente di tirar fuori i ceffoni alla gente. Anche se è una pagliacciata, si porteranno la claque e la polizia. A questo punto, aderisco, perché preferisco stare dalla parte di chi ha bisogno di essere difeso. Perché vogliono lo scontro. Perché vogliono un’occasione per strumentalizzare, e quando partiranno i ceffoni diranno “Mamma Stato, mamma Polizia, sono stati loro gli sporchi i brutti i cattivi”. Che lo facciano: stavolta, a Ze City, saremo sporchi brutti e cattivi. Come Costituzione comanda.

venerdì 13 novembre 2009

Animo, Bersani! L’opposizione è scontro, non confronto


Lettera da un Cipputi qualsiasi - di Armando Barone

Eh no, caro Bersani, cominciamo male. Lei mi parla di “confronto” per allontanare lo spettro del veltroniano “dialogo”. E visto che le parole sono importanti, dato che la stampa si affanna a darle credito come autore della cesura tra la sconfitta e la ricostruzione del PD, le rispondo: il confronto non mi basta. Se davvero ha in animo di mettere il lavoro al primo posto, se davvero vuole tornare all’azione parlamentare, caro Bersani, la parola giusta è “scontro”.
Qual era l’errore di Veltroni (e più ancora degli elettori del PD, chissà perché innamorati della sua faccia colta e dei suoi accenti kennedyani – pazzesco, ne convengo, ma guardi che gli elettori sono disperati)?
Pensare che essere moderati significasse essere ragionevoli, offrire il dialogo; così poi, dichiarato impossibile il dialogo con quella destra, si potesse dire “beh noi abbiamo la coscienza a posto”. Pensare che essere dialoganti avrebbe dato un’identità al PD agli occhi dell’elettorato, l’avrebbe reso distinguibile dalla morchia abbaiante della destra; che sentirsi e affermarsi diversi desse in pasto agli affamati d’opposizione bocconi di svolta, antipasti di un governo di svolta; che il vostro partito avrebbe preso forma e coesione intorno a questa svolta.
Nel mio lavoro la chiamiamo campagna immagine, caro Bersani. A casa mia, invece, si dice essere dei gran paraculi.
E ora le spiego perché lei, ben più serio e concreto di Walter l’Africano, stia compiendo esattamente lo stesso errore. La differenza che vuol fare lei, Bersani, è di riunire le opposizioni e riportarle in Parlamento – dopo l’osceno balletto della fiducia che non siete andati a votare per ben due volte, è impresa ardua, ne convengo. Così crede di recuperare consenso. Se la strada è il confronto, è la strada sbagliata: confronto presuppone che ci sia un interlocutore, un terreno, delle argomentazioni.
L’interlocutore: no, ma veramente nel PD c’è ancora qualcuno che crede che queste destre siano un interlocutore? Se sì, guardi, glielo dico con sincerità e senza astio: cambiate mestiere. Ha presente chi è Giovanardi? Brunetta? Ghedini? Li conosce? Come fa a frequentarli? Io avrei paura di incontrarli in un vicolo buio. Ma non perché ho paura di loro, ma perché non mi fiderei di me stesso. E se poi mi viene voglia di sputare loro in faccia? Di tirar loro un ceffone? Brutta cosa, sprecare la mia buona educazione così.
Dirà lei, va beh, ma la politica è questa. Si va in Parlamento per questo. Ecco, proprio qui volevo arrivare. Il terreno di confronto: ma lei veramente crede che queste destre, che le leggi se le scrivono in villa e tutto il resto, vengano in Parlamento ad amministrare il Paese? Forse gli aennini, ma guardi, sono pochi e sono ostaggi. Qualche Udc, possibile. Pochini, no?
Argomentazioni: ma veramente lei crede che si possa argomentare qualsiasi proposta di riforma istituzionale con questa gente, e a parlamento svuotato, e senza un cazzo di euro per farla? Lei davvero crede che si possa governare un Paese con un’evasione fiscale e un sommerso criminale che vale il 30% del Pil? Anche se vinceste dieci elezioni di fila, non potreste emanare una sola, maledetta, fottuta legge con copertura finanziaria, senza mettere mano a questa enormità. E per questo lo dico a lei: ma l'economia non è il suo terreno? Come fa a non rendersi conto della situazione? E guardi che per legge intendo qualcosa che serva, non le pagliacciate di Berlusconi. Di fronte a questo, la vostra iniziativa è paralizzata. Nessuna legge è possibile senza soldi, senza Parlamento, senza un interlocutore che abbia voglia di governare.
No, Bersani, guardi. Lasci perdere il confronto. Qui ci vuole lo scontro. Il suo e vostro errore più grande, eredità di Veltroni e di Prodi, è stato quello di rimuovere l’esistenza di qualcosa che si chiama conflitto sociale e che lei dovrebbe conoscere bene. Non le sue cause, ché l’analisi avrebbe prodotto l’alternativa che non c’è, che non siete, e che non sarete. No, altrimenti saremmo già un passo avanti.
Non avete capito che questa è l’era dei conflitti, in cui le destre terrorizzate dal perdere un capo populista che vale il 35% alle elezioni, a sua volta terrorizzato dalla Giustizia che chiede il conto delle sue azioni, è andata all’attacco di tutto – e gliel’avete lasciato fare. Non lo neghi, per favore. Ricordo ancora il Veltroni in malafede rintronare chiunque con la storia del voto utile, una menzogna degna della peggiore destra d’apparato. Vi ha fatto comodo togliervi i comunisti dai coglioni. Anche se credo perfino Prodi possa avere avuto qualche dubbio su Mastella (Mastella!) e Dini (Dini!).
Padroni contro lavoratori, Esecutivo contro Giudiziario, Potere economico contro informazione. Tutti contro gli immigrati. Polizia e Carabinieri contro chi guadagna come loro e porta avanti lotte anche per loro. Continuo?
Non potete stare a guardare, dicendo: “Le manifestazioni si fanno insieme”, “La sede del dibattito è il Parlamento”, “Le riforme si fanno se sono serie, se no non ci sediamo al tavolo”. Non mentre la domanda disperata di opposizione, il grido feroce della coscienza civile vi sovrasta. Che cos’è questo, se non fare un nuovo, più sofisticato, Aventino?
Bisogna rimettere mani alla piazza, anche con Di Pietro e anche con la Cgil. Bisogna andare davanti alle fabbriche al fianco della Fiom. Stare coi volontari delle associazioni che difendono i migranti dallo sgombero. Dimostrare solidarietà ai magistrati, andarlo a spiegare in piazza, non solo in tv, in cui passa qualsiasi cazzata si dica. E il Parlamento, se gli altri non ci vanno, occupatelo. Occupate la Rai. Rischiate la faccia, rischiate il manganello, rischiate di sporcarvi le mani.
A la guerre, Bersani, o non morirà solo lei, i suoi, il partito. Morirà il lavoro, e la dignità faticosamente conquistata in cento e più anni di lotte operaie. Moriranno i tanti Cipputi come me, che non sono solo operai ma la dispersa e varia forma dei lavoratori disperati, e che non vi voteranno mai finché vi renderete complici della morte per asfissia della Repubblica.

mercoledì 11 novembre 2009

Paolini, La7 e la vescica di Aldo Grasso


Oggi mi occupo di cose inutili: Aldo Grasso. Indiscusso guru della critica televisiva, dalle prime pagine de Il Corriere ci ha abituati a severe lezioni di stile. Il suo, naturalmente. Non mi azzardo a mettere in discussione la sua mostruosa competenza, ci mancherebbe. Discuterò invece il suo pezzo di oggi dedicato allo spettacolo di Marco Paolini, titolo “Miserabili”, rete La7, in onda domenica sera.
Leggetelo, è un capolavoro. Un capolavoro fortunatamente breve. Premesso che ho visto lo spettacolo, e ne scriverò presto in un post, lascio ad altri il compito di commentare in modo più intelligente (per esempio Norma Rangeri, su Il Manifesto di oggi): qui mi interessa sottiolineare due passaggi, a mio parere, illuminanti.
Grasso scrive: “Da un po’ di tempo (…) Paolini cede alla predica: fra le righe (ma anche fuori), vuole impartire lezioni di eco¬nomia («non è la democrazia che ha tirato giù il muro ma il mercato, il consumismo»; e se anche fosse?)”. E poi: “Intimorisce gli spettatori con citazioni di Margaret Thatcher, fa sentire il peso della nostra ignoranza citando il principio di indeterminazione di Heisenberg e chiedendo agli spettatori cosa sia l’entropia”.
Brutta cosa, diventar vecchi. Perché non trovo altra spiegazione a questo livore imbecille. Cosa ha dato fastidio a Grasso?
Uno: lezioni di economia (!) non sono, giacché il passaggio era brevissimo e serviva per introdurre, a partire dal muro, il contenuto della sua riflessione, ossia che, in quel passaggio storico, disamorandoci della società e ragionando sulla modernità d’accatto, ci siamo persi qualcosa. Diventar ricchi, perché? Prima o poi bisogna morire, no? Non sarebbe meglio accumulare meno, e rientrare nella società? Spunto di riflessione che non può essere sfuggito, al Guru. Ma si vede che, per la critica, era meno importante.
Due: “E se anche fosse”, Grasso? Se anche fosse, quel cazzo di muro non ha fatto crollare un’ideologia perché ne trionfasse un’altra, ma ne è nata una terza che ha soffocato entrambe: il dio mercato. E nei giorni in cui l’idolo è caduto e i suoi profeti tornano a parlare di Stato, è un tantino attuale, ricordarlo.
Tre: “intimorire” con una citazione? Come fa una citazione, e una citazione come quella, a intimorire? Tanto più che il suo discorso, Paolini, lo costruisce come un dialogo tra lui e l’eredità del thatcherismo. Ed è talmente accessibile che è riuscito a farcelo capire a tutti quanti. Stesso si dica di Heisemberg e di entropia, e termodinamica. Neanche io me li ricordavo (avevo quattro in Fisica), ma in quel momento l’attore è l’interprete che cerca il dialogo con lo spettatore. Il metalinguaggio, Grasso: teatro nel teatro. È banale. Paolini ha usato un espediente funzionale a catturare l’attenzione e a spiegare la sua interpretazione, venata di humor, per farci comprendere il passo successivo, e anche il finale. Ma tutte queste cose le sa di sicuro, Grasso. Potrebbe insegnarcele lui. Quindi, ci sarà dell’altro.
E invece, quattro. In cauda venenum, scrive ancora: “Ovviamente, tutte queste teorie e tutti questi sermoni della montagna vanno a scapito dello spettacolo. Se solo Paolini accettasse le interruzioni pubblicitarie, imparerebbe ad asciugare di più le sue storie, a riflettere sull’importanza del ritmo in tv”.
Ah! Adesso l’ho capito! Sta tutto qua: lo spettacolo è lungo, non ci sono le pause per andare, che so, a pisciare, a prendersi un grappino dal mobile bar, a veder se piove che ho steso fuori. Cose così. Ritmo in tv? Ovviamente, Grasso, questa non è tv. è regia televisiva di uno spettacolo teatrale. Dunque il ritmo è teatrale. E se è La7 a far servizio pubblico al posto della Rai, bisognerebbe esserne, quanto meno, un po’ contenti. Ma lui, no. Vuole gli spot. Se no, a cosa serve la tv? A educare? A rendere accessibile a tutti uno spettacolo che forse non passa proprio vicino vicino a casa? Via, quella è roba vecchia. Adesso è la velocità che va di moda. La tv si fa così: ritmo! Ritmo! Ritmo! Se no, la vescica preme e provi quel fastidio per le cose lunghe che provano i vecchi. No, non gli anziani. Proprio i vecchi. Come Grasso: non ha tempo di fare il critico, lui, deve scrivere venti righe sulle pagine de Il Corriere per condividere con noi la tensione che gli provoca la vescica.
E fanculo Paolini: tanto all’inizio l’ha scritto che è bravo, no? E infatti, lo è stato, almeno fino a quando al sommo critico gli ha tenuto la vescica.

Ps. Grasso, un consiglio: lo videoregistri, lo spettacolo. Io l’ho fatto, e mi sono alzato anche per prendermi cantucci e Zibibbo. Sa come s’accompagnano bene con Paolini?

mercoledì 20 maggio 2009

Lettere a La Provincia Pavese

Cattaneo, smàrcati
(27/04 - non pubblicata)

Leggo e stupisco: ma allora il Pdl ha dichiarato Pavia terra di conquista? Berlusconi, Formigoni. Non bastava Abelli, si vede. La legittimazione della Lega, il contributo di Filippi, perfino di Adenti. E quello che mi sorprende di più, la dichiarazione degli amici: il candidato è un amico, non voterei per il Pdl ma per lui sì. Ah, fantastico: e se vince, poi, chi la governa la città? Lui, o il suo partito? Ma qualcuno si è reso conto che queste elezioni sono di nuovo lo scontro di quei partiti – ammesso che così si possano definire dei cartelli elettorali permanenti - che a livello nazionale non sopportiamo più? Il Pd ha incredibilmente scelto Albergati. E tutti a dire che è giovane anche lui e che anche lui è un bravo ragazzo. E ci mancherebbe. Se venissero eletti, non ci sarebbe nessuna possibilità di fare politica autonoma: quella che ai cittadini dà risposte.
Sono ancora più felice, allora, di aiutare il professor Paolo Ferloni: un indipendente che ha accettato la sfida di reinventare Pavia, mettendo il lavoro al primo posto. Senza alcun bisogno di padrini, o padroni. Un ambientalista, un monumentalista, un professore: quanto ne abbiamo bisogno di idee chiare e di innovazione.

Non ho ancora avuto il piacere di conoscere il candidato del Pdl, ma se posso rivolgermi a lui in totale franchezza: caro Alessandro, smàrcati. Fallo adesso. Dichiara che anche a trent’anni (io ne ho 34) si cammina con le proprie gambe. Che non ne hai bisogno, di investiture. Dillo, che se ti eleggono governerai tu, e non Forza Italia. Che renderai conto solo ai cittadini, che non hanno colori e vivaddio neanche un pensiero unico. Che farai quello di cui ha bisogno la città e non quello che vorrà il tuo partito. Perché – forse l’abbiamo dimenticato – il mestiere del politico è quello di rappresentare una parte, ma quello del sindaco è quello di amministrare nel nome di tutti.

La luna di miele di Albergati&Cattaneo
(18/05 - non pubblicata)

Le buone idee sono di tutti, e fa sempre piacere sapere che sono apprezzate. Turismo, centro congressi, bus piccoli e frequenti in centro; niente più centri commerciali anzi proteggere il piccolo commercio; soluzioni di integrazione per migranti e migrati, recupero aree dismesse, spazi agli studenti, valorizzazione dei parchi, periferie degne: Albergati e Cattaneo sono d’accordo proprio su tutto.
E questo tutto era scritto nel programma elettorale de Il Cantiere nel 2005. Che bello sapere che si sono convinti.
Certo, rimane qualche dubbio: come conciliare tutto questo con la politica nazionale di Forza Italia e Lega, tristemente agli orrori della cronaca dal Mediterraneo, dall’Abruzzo, da Napoli, da Milano? Oppure con le passate amministrazioni: quando c’era la bistrattata Capitelli, il PD pareva affaccendato in centri commerciali e sciagurate varianti al Prg – e a tutto questo proprio non ci pensava.
Ma adesso è cambiato tutto.
Certo, nel frattempo il programma di Insieme per Pavia (il Cantiere per Pavia) si è evoluto, grazie anche alle idee di Paolo Ferloni. C’è il progetto cluster. C’è l’IDA per i giovani creativi. C’è il nuovo sistema museale. C’è la mobilità sostenibile. C’è lo studio di nuovi modelli di amministrazione. Scienza, concretezza. Freschezza. Ma diamo loro ancora un po’ di tempo, e vedrete che prima o poi ci diranno che città hanno in mente, senza usare troppi aggettivi, e senza chiamare a testimonial i propri dirigenti di partito, che di Pavia conoscono solo i minutaggi tv dell’Osservatorio.

lunedì 27 aprile 2009

Lodi libre!

Ricevo e inoltro l'appello per il libero pensiero.
Per informarsi e rimanere informati:
blog di Giulio Cavalli (http://www.giuliocavalli.net/diario/),
blog di Adelante! (http://adelantelodi.wordpress.com/)
blog di Michele Merola (http://briciolecaotiche.wordpress.com/).

Alcune associazioni del Lodigiano, insieme alla Bottega dei Mestieri Teatrali, hanno deciso di dare ospitalità a Lodi allo spettacolo “Previsioni meteo: diluvio universale – the rise and fall of Gianpy” di Eugenio de Giorgi che, sulla base di fonti documentarie, racconta il caso “Antonveneta” e le vicende che hanno inquinato la scena politica ed economica degli ultimi anni.
Questa decisione sembra aver scatenato le ire del principale protagonista di quelle vicende, Gianpiero Fiorani, che tramite suoi avvocati ha inviato all’attore Giulio Cavalli, direttore artistico del Teatro Nebiolo di Tavazzano con Villavesco e promotore dell’iniziativa, una lettera di diffida a rappresentare lo spettacolo basata su elementi a nostro parere inconsistenti.
E’ evidente che tale atto rappresenta un gesto di intimidazione che mira a impedire che i cittadini lodigiani possano liberamente assistere a uno spettacolo che vuole fare informazione, confrontandosi, discutendo ed eventualmente anche dissentendo su quanto rappresentato e riflettendo su una vicenda che ha toccato direttamente la città e sulla quale c’è stato fin troppo silenzio.Noi associazioni promotrici dell’evento ribadiamo la nostra solidarietà a Giulio Cavalli, dichiarandoci disponibili a sostenerlo in modo attivo in eventuali evoluzioni della vicenda.
Ci teniamo a sottolineare la paradossalità della situazione, dal momento che lo spettacolo è già stato rappresentato a Milano ed è basato su di un libro (Capitalismo di rapina di Paolo Biondani, Mario Gerevini e Vittorio Malaguti, ed. Chiarelettere) che a Lodi è stato presentato il 26 novembre 2007, su iniziativa delle associazioni che firmano il presente comunicato stampa.Riconfermiamo, quindi, la volontà a voler dare ospitalità allo spettacolo nella nostra città, ora più che mai, in data e luogo ancora da definirsi, dal momento che, proprio in seguito all’azione dei legali del sig. Fiorani, la disponibilità del cinema Moderno, inizialmente prevista per il 23 aprile 2009, è venuta meno.Abbiamo inoltrato in data odierna la richiesta ufficiale al Comune di Lodi per avere a disposizione uno spazio pubblico e siamo fiduciosi.
Invitiamo infine le istituzioni lodigiane, le forze politiche, il mondo dell’associazionismo a sostenere pubblicamente e concretamente il diritto dei cittadini lodigiani a essere informati e a potersi costruire, in tutta libertà, delle opinioni e rivolgiamo un appello a tutta la cittadinanza affinché difenda sempre il proprio diritto alla manifestazione di pensiero e all’informazione.

Per adesioni info@adelantelodi.org

Lodi, mercoledì 15 aprile 2009

Associazione culturale Adelante!, Associazione culturale Bottega dei Mestieri Teatrali – Teatro Nebiolo, Associazione culturale Casa del Popolo, Centro Documentazione Teatro Civile, Circoscrizione locale dei soci di Banca Etica della provincia di Lodi, Laboratorio per la Città, Legambiente Lodi, Punto Informativo Finanza Etica, Rete Lilliput-Nodo di Lodi.

venerdì 24 aprile 2009

THE SHOE MUST GO ON


Lancio un’idea a tutti quelli che pensano che l’unica colpa del giornalista iracheno Montazer al-Zaid sia quella di non avere avuto buona mira.

Scarpe.
Scarpe vecchie. Meglio se sporche e sdrucite. Ciabatte, sandali, infradito, espadrillas… tutto quello che volete.
Scarpe che non usate più, per una buona causa: tutte le volte che un ministro o un parlamentare esce in pubblico per un bagno di folla, stomp!, una bella scarpata volante, anzi, meglio tre, cinque, dieci.
I have a dream.
Sogno che una superga fradicia colpisca in bocca Sacconi tutte le volte che si accinge a presentare un’aberrazione come la salvamanager. Sogno stormi di ciabatte puzzolenti che bersagliano le riunioni dei ministri europei dell’economia. Sono una pioggia, un diluvio, un nubifragio di scarpe al G8.

Facciamo un logo e un sito per scambiarci le scarpe. Una campagna di opposizione a chi ci prende quotidianamente per il culo. Qui, a Milano. In Italia. In Europa e nel Mondo.
Coniamo nuove grida di battaglia:
scatta la ciabatta!
espadrilla por guerrilla!
shoot your boot!

Coraggio, fratelli. Uniti nella frustrazione, uniti nello sfogo.
Senza paura di sbagliare mira.

Cominciamo con domani, 25 aprile: questa volta c’è anche Berlusconi!
E poi, prepariamoci bene per il G8 a L’Aquila…
THE SHOE MUST GO ON

mercoledì 3 dicembre 2008

Fa anca ti la tò etnia!


Meravigliosa e-mail da L., Madrid. Con mappa corretta (avevo postato quella sbagliata).


Ueila,

incö seri adrè laurà, quand ho pensà “Dì, ma serà pusibil che mi sum ‘me tüt i altaer? Perchè mi credi da vess püse bel, püse inteligent, mia cume quela gent lì, i vugherès, quei da Furtünagh, o ancamò quei da Lisandria o i nuares”. E tac, ho dervì la red, e l’ho truà la risposta. Ades si che ho capì tüt. La savivi, sum na etnia, mia l’ültim pirla. Ciumbia, ho dit, sum quasi föra d’la curnis, un cicinin püsè giù e seri anca mi un baluba, g’ho propi avü furtüna. Orca, però al me pà l’era milanes, e la me mama l’è pavesa, i dü etnie i en mia istes. Vöt dì che sum un mulatto? E anca quei da Com, me i saràn? Perchè la mapa l’è ciara, i en d’un altra etnia. Lasam pensà, mi un queidün de chi part lì l’ho anca cunussü, ma pariva istès che un milanes o un lodesan. Tas, forsi i gh’avaràn tri bal? E pö, varda lì i mantuan e quei da Lügan, lur i gh’han la sua microetnia particular? E no, cari i mè omen, la microetnia la vöri anca mi. Perchè paves sì, ma da Pavia ovest, g’ho mia gnent da spartì cun quei da Pavia est o dal Burgh Tesin. E ades che ‘g pensi, anca la to facia la me cunvencia mia trop, saret mia un terón?


NdZ: per chi volesse dare un'occhiata alla fonte di questa ispirazione, questo è il link inviatomi dall'autore.

martedì 25 novembre 2008

e-Zonta!


Nuova e-mail dallo Zontovic, che dice di stare bene, affaccendato com'è tra corsi, lavori e capatine in servizio a Genova. Nelle righe dedicate all'addobbo della sua camera, si intravede un poco di nostalgia, per noi amici e per Spaziomusica e per Daniela e Bruno. Gli ho promesso qualche altra foto da appendere. Intanto lui mi ha mandato questa, risalente a questa estate (e dal suo incipiente fratizzarsi -è il secondo da destra- intuisco che è forse vera la storiella che da loro si mangia bene...).

mercoledì 7 maggio 2008

Lettera a Martin Schulz

Pavia, Italy - 7 maggio 2008

Gentilissimo Martin Schulz,
purtroppo non posso scriverle nella sua lingua. Potrei forse scriverle in Inglese, but I’am afraid I won’t be able to express such things in English.
Come saprà, il mio Paese sarà nuovamente governato dalla stessa persona che il 2 luglio 2003 offese lei, il Parlamento Euopeo e anche la sensibilità di tutti gli Italiani, con una inqualificabile e indegna replica al suo intervento circa la politica xenofoba della Lega Lombarda, allora come oggi giunta al Governo della Repubblica.
Le scrivo per dirle che mi dispiace. Mi dispiace per il mio Paese, per il parlamento Europeo, e anche per lei. Una volta forse si può perdonare, due no: evidentemente siamo un popolo che ama sentirsi ricco e furbo, e di corta anzi cortissima memoria.
Tuttavia oggi le scrivo anche per rivolgerle un appello: ci aiuti, per favore.
Il risultato di queste ultime Elezioni Politiche ha di fatto escluso la Sinistra dal Parlamento. Una Sinistra che paga per il suo impegno al Governo, ma anche per i suoi gravissimi errori. Non ha saputo proporre alla sua base una politica di vera rappresentanza, e nessun credibile modello alternativo a un liberismo sempre più selvaggio. In Italia la situazione dei lavoratori peggiora di giorno in giorno: la perdita del potere d’acquisto, i livelli salariali fermi ai livelli di cinque anni fa, le condizioni del precariato sempre più angoscianti. E ora sta maturando da parte delle Destre un’offensiva senza precedenti ai diritti fondamentali dei lavoratori, conquistati più di trenta anni fa a prezzo di grandi sofferenze.
Nessuno sembra per ora in grado di fermare questo micidiale arretramento.
In Italia la Sinistra si sta riorganizzando, ma non è facile e ci vorrà molto tempo. E intanto non c’è alcuna rappresentanza in Parlamento. A meno di considerare vera opposizione il Pd, che nella sostanza è liberista tanto quanto la maggioranza e nella forma quanto la nostra Confindustria. Sarebbe fare della fantapolitica.
Dunque le chiedo, se le sarà possibile, di fare appello presso tutte le forze politiche dell’area socialista perché si possa portare avanti almeno in sede europea una politica di difesa dei salari e dei diritti. E di aiutare il gruppo dei parlamentari europei della Sinistra italiana a preparare la migliore campagna elettorale possibile in vista delle prossime Europee.
Nel contempo, mi domando se non sia possibile fare nella politica come accade nel calcio.
Le sue quotazioni sono buone, non abbiamo molti soldi ma volendo qui si vive ancora bene: vuole venire a fare un paio di stagioni qui da noi? Possiamo acquistarla con la formula del prestito? Le garantiamo di giocare il suo ruolo in prima fila nella nostra lotta politica. Guardi, c’è anche Ken Livingstone che si è appena svincolato da Londra a parametro zero, e penso che chiederò anche a John Edwards se vuole fare un salto qui, dagli Stati Uniti.
Che ne dice: potremo contare sul suo appoggio?

Con stima,
ab

Lettera a Giorgio Napolitano

Inauguro oggi una nuova simpatica categoria, dedicata alle lettere inutili che ogni tanto scrivo. Iniziamo niente popodimenoche con il Presidente della Repubblica. Per completezza, la lettera è stata effettivamente inoltrata mediante apposito form on line del sito della Presidenza del Consiglio.

Pavia, 5 maggio 2008

Caro Presidente,

- e scrivo caro perché mi sono care tanto la sua figura istituzionale quanto la sua storia politica – le indirizzo questa mia per dirle che mi dispiace. Per Lei, per il mio Paese, infinitamente mi dispiace. Il suo settennato si è annunciato con due anni di tribolato Governo Prodi, la più triste delle crisi di governo che io ricordi, e infine la bruciante sconfitta di una Sinistra irriconoscibile a se stessa. Senza contare due inqualificabili campagne elettorali.
Ora al Governo salgono gli uomini della moderna Destra, di cui abbiamo imparato a conoscere l’uso esclusivamente personalistico o francamente corporativo della res publica, la collusione con le opacità dei settori economi e produttivi, lo sprezzo per le regole e le opinioni, i toni fintamente sovversivi e lesivi di una qualsiasi dignità di cittadinanza. Salgono ora puntando con decisione a smantellare la Costituzione, i diritti del lavoro, il concetto stesso di solidarietà sociale. Come se non bastasse giunge, questa minaccia, ad aggravare problemi gravissimi, non risolti anzi nemmeno intaccati da un centrosinistra vuoto di idee e non solo di ideologie, subalterno a tutto fuorché all’esercizio del potere.
So bene che il suo ruolo ora è super partes, Presidente, ma assieme al mio personale dolore di cittadino e uomo di sinistra, che vede allontanarsi ogni speranza e futuro per il proprio Paese, non ho potuto fare a meno di chiedermi come deve sentirsi, un uomo come Lei, nel contemplare un simile declino sociale, civile e politico.
Anche perché io quest’anno compio 34 anni, e se la mia esperienza mi muove – mi commuove - a scriverle, posso solo immaginare cosa tutto questo possa provocare in Lei, col suo vissuto di esperienze politiche e la sua preziosa testimonianza a cavallo tra Novecento e nuovo secolo.
Se volesse un giorno raccontare questa sua esperienza, come hanno fatto per esempio Ingrao, o la splendida Rossanda, troverà in me il più attento degli ascoltatori.
Anzi consideri pure, per quello che vale, la mia scrittura al Suo servizio.

Con stima,
ab