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lunedì 27 luglio 2015

Non ti assicuro niente

Raccolgo l'invito di Giusi Marchetta. Non so bene con quale titolo partecipo al dibattito: non sono (ancora) uno scrittore, e se sono ascrivibile alla categoria intellettuali non me ne sono accorto. Scrivo più che altro per ragionare a voce alta.


Caso di cronaca, un’auto con sei uomini e una donna. Lo stupro del «branco». Eppure, la sentenza che non rende giustizia: incredibilmente, passano per innocenti sei maschi (ragazzi sotto i 30 anni), mentre la donna (una ragazza di 22 anni) invece passa per consenziente.
Al di là del contenuto della sentenza, ingiudicabile senza conoscere il completo iter processuale, Giusi Marchetta commenta «com’è scritta la sentenza»: in quelle righe c’è un ritratto della ragazza che sembra togliere ogni dubbio sulla sua condotta "a rischio". Procace e provocante, disinibita, bisessuale, atteggiamenti lascivi. Addirittura, secondo le testimonianze, nel corso della serata avrebbe detto che «voleva scoparseli tutti». Ma è anche il contesto che è descritto (anzi: «raccontato») in modo che non si sfugga al giudizio: gli slip rossi, la cavalcata sul toro meccanico, il sesso orale in un bagno, dettagli su eiaculazioni e posizioni nell’atto sessuale. (Utili? Possibile, dato che occorre dimostrare che atto sessuale c’è stato, ma davvero necessari per la sentenza?).
Però alla sovrabbondanza di particolari sul vissuto della ragazza e sui suoi comportamenti e sulle sue preferenze in materia di sesso non c’è contrappeso: dei sei uomini si dice solo che erano bravi ragazzi senza precedenti. Erano sei contro una, d’accordo, ma del resto: erano in auto con una sexy virago di 22 anni che aveva perfino fatto un film splatter.

Io questa la trovo un’enormità: com’è sostenibile che tutto ruoti intorno al consenso della ragazza?
In questa notizia vedo emergere un quadro particolarmente brutale di obbedienza a una «opinione comune», che spazza via la comune nozione di responsabilità personale: il consenso è stato dato, quindi questa che vuole? Come se fosse dato per scontato che sia esperienza comune di tutti i maschi trovarsi in sei in auto a fare sesso con la stessa ragazza, che evidentemente a questo punto avrà ripetuto il proprio consenso a tutti, uno per uno.
Anzi, posto che il sesso - anche quello estremo - dovrebbe definirsi per il piacere reciproco e che anche per la Giustizia questa nozione dovrebbe essere dirimente, ci si chiede come sia stato possibile stabilire che il consenso sia stato inequivocabilmente dato a ogni momento dell'atto (di tutti gli atti) in virtù di questo piacere reciproco. Alcool o non alcool.
E resta davanti ai nostri occhi la follia che si sia ritenuto comunque legittimo, in virtù di tutto questo dare consenso, dare sfogo alla propria eccitazione: non mi interessa cosa vuoi, mi interessa che lo vuoi.

Fa bene Giusi a chiedere che anche gli uomini, per una volta, prendano una posizione. Ho letto Giorgio Fontana che parla di femminismo per i maschi, e ho trovato il suo intervento interessante e ricco di spunti.
A me preme soprattutto sottolineare come sia enorme il fatto che nero su bianco una sentenza di un tribunale della Repubblica apra il campo a una considerazione deviante, quella secondo cui, se ti provoco, automaticamente ho dato il consenso alla tua reazione. Spazzando letteralmente via il concetto di responsabilità personale.
Insomma se ti dico «Picchiami» e magari ti indico anche la mia faccia, se lo faccio più volte, se faccio tutto questo anche ad altri, e se per giunta sono uno che fa a pugni spesso, il cazzotto che mi sfigura me lo sono cercato. Giusto? Siamo due uomini adulti e consenzienti. Vogliamo tutti e due spaccarmi la faccia.
Ecco, no, non è giusto.
Primo, perché le lesioni restano un reato anche se siamo «consenzienti». Secondo, perché il mio consenso a spaccarmi la faccia, io, non te l’ho dato. Ti ho provocato, è vero, ti ho chiesto addirittura di picchiarmi, certo, ma qui sei tu a decidere, non io. La responsabilità di quello che fai resta tua. Terzo, la nostra relazione non è simmetrica: tu hai il potere di farmi male, anche se te lo consento questo non vuoi dire che è legittimo farlo.
La violenza è di per se stessa asimmetrica: c’è chi la compie e c’è chi la subisce.

Ed è qui che la questione di genere torna a essere importante: la relazione tra uomo e donna è storicamente asimmetrica. E la domanda dovrebbe quindi essere: quanto siamo consapevoli di questa asimmetria quando valutiamo i fatti?
Mettiamoci nei panni di uno dei sei che sta facendo sesso con la ragazza in auto. Lei non sembra molto in sè e anche tu hai bevuto. Pensi davvero che sia consenziente? Pensi davvero che si stia solo divertendo? Che essere lì, con lei mezza ubriaca, in sei, sia una situazione «potabile», magari solo un po’ estrema?
Chiaro, non è del giudizio morale che si occupa il Tribunale, ma dell’accertamento dei fatti. Ma la ricostruzione dei fatti si poggia sul movente delle azioni di chi quei fatti ha compiuto.
Come può reggere una ricostruzione che nega la responsabilità di sei maschi, sei?
Questa sentenza dice che le circostanze tutte lì, stavano: a dire che la ragazza li ha provocati, a lungo e con tutte le armi a sua disposizione, e che non era neanche la prima volta che si comportavano così. Loro, che potevano fare: rifiutarsi, forse?

Se non vi piace questa visione un poco «moralizzante» prendiamo la questione da un altro punto di vista.
Lascio la porta aperta, i soldi bene in vista, il pc sul tavolo. Ti dico dove abito. Ti dico che è tutto lì, pronto per farsi rubare. Ti dico che mi piacerebbe che tu mi rubassi tutto. Se entri e rubi tutto, hai ragione di farlo?
No, dice la legge, il furto resta un reato.
Eppure c’è qualcuno che verrebbe a dirmi che sono colpevole un po' anche io, che non ho fatto di tutto per impedire di farmi svaligiare la casa: è il mio assicuratore. Che mi dirà: il tuo comportamento è a rischio, io i danni adesso non te li pago.
Ecco, è questa visione «contrattuale» della giustizia che temo: se sei donna, e non te la sei cercata, allora l’uomo che abusa della sua forza è uno stupratore. Castriamolo.
Ma se invece il tuo comportamento è a rischio, beh, diciamo che è tutto relativo: potrei usare il mio pisello oppure no, come mi viene.
Metti che quella sera ho bevuto.



mercoledì 20 maggio 2015

Sboritelling


Sono queste le storie che farebbero la gioia di qualsiasi storyteller.
Alzi la mano chi l'aveva immaginato così bene: neanche un cinquestellato con la sua pizza proletaria, o un qualsiasi Alfano col black blocker testimonial della Rolex, neanche un modesto Salvini (per dire) col suo abbaiare ai rom con la Mercedes.
Dai, se l'avessi scritto per la Settimana Corta sarebbe stato fantascienza.
Riepiloghiamo, con le stringhe (thread) come i social media cosi (manager, editor, content writer) che sanno come si fa:
- protagonista: un super manager di un'azienda (quasi) pubblica
- la suddetta azienda è delle Ferrovie - ossia quei carrozzoni che evocano Prime Repubbliche e lingotti nel pouf a fronte di pendolari stretti come acciughe in container maleodoranti per gran parte dell'anno
- le ferrovie in questione sono le Ferrovie Nord (quindi neanche Satana-Trenitalia, che prima o poi ti ci rassegni, se no finisce che dai fuoco a un treno)
- contesto: la crisi si percepisce così tanto che persino Marchionne è passato dal cachemire al cotone pettinato (ma forse è l'estate)
- il suddetto super manager usa la carta aziendale come se non ci fosse limite al peggio: ci paga persino le scommesse sportive (che tu dici: ma lo beccano! Appunto)
- l'espressione "pagata con i soldi dei pendolari lombardi" è una caciarata da pentastellati ma rende l'idea, no?
- eppure, è già straricco: possiede così tanta roba che sulla libreria i Malavoglia pigliano fuoco per autocombustione e Paperone si suicida con tutti i Bassotti
- ha sedicenti società poco chiare a Londra che fanno bisiness non si sa come (e qui già ti vedi l'Ispettore Ginko guardare Montalbano e scuotere la testa: senti, basta, abbiamo chiuso, molliamo tutto e apriamo una bocciofila a Poasco)
- come non bastasse questo, ci ha due figli che gli mangiano un patrimonio al mese: uno di questi posta su facebook orologi da milioni e persino un selfie con una testa del Duce
- aspetta, ferma un attimo: del Duce! Cazzo, questo ha in casa una testa di Duce! E si fa anche il selfie!
- ma attenzione, non finisce qui: il Nostro, visti i danni che gli fanno i figli, cosa fa? Si pente! Chiede il controllo sulle spese e, occhio la svolta alla Scorsese, comincia a restituire qualcosina...
- ma la chicca, il tocco di classe che solo quel gran figlio di puttana che è il Destino può tirare fuori, è il riconoscimento (Benedizione Apostolica) che gli concede persino papa Francesco (Francesco! Dai, quello che ci piace! Quello della "fine del mondo", della povertà, della Chiesa in strada, la simpatia nell'accento e il telefonino sempre pronto per una parola di conforto!), finito su facebook grazie al figlio sborone:


- pensate che sia finita? No, no. Ci mancherebbe che tale figlio, stante la situazione, abbia anche un incarico pubblico...
- ed eccolo, con le parole de L'Espresso (da cui ho tratto ispirazione anche per il resto), con cui chiudo, lasciandovi nella meraviglia:  
L'informazione arriva dalla sua “scheda per la trasparenza” pubblicata sul sito web del Comune di Milano. Già, perché il figlio del manager ed ex assessore di Forza Italia Norberto Achille ha anche un incarico pubblico: siede nel collegio dei revisori della Fondazione Milano , l'ente che coordina l'attività culturale ed educativa delle scuole civiche di musica, cinema e teatro. È stato nominato il primo marzo del 2012 e lì resterà fino all'aprile del 2016, percependo un gettone di 41 euro a presenza e un fisso di 5mila euro.

mercoledì 11 febbraio 2015

A me la Buona scuola di Renzi fa paura



Ecco, il fatto è che l'ho vista, questa puntata di Presa Diretta.

Mi ricordo, quando Renzi si è insediato, di aver colto al volo in diretta proprio la sequenza che appare a inizio del servizio. Nel suo discorso Matteo de' Mattei diceva in sostanza che non c'è Paese senza scuola. Cosa di cui sono molto, molto sicuro.
E ho pensato: questa me la segno.

Poi dalla puntata ho anche appreso che esiste un'altra "buona scuola", che non è una buffonata ma roba seria seria, ed è addirittura già in Parlamento.

Dopo averlo scoperto, beh, avrei voluto scrivere un articolo come questo.

martedì 17 giugno 2014

Un poco di immaginazione

 
Leggo l'articolo sul Corriere. Col suo corollario di giuste recriminazioni (nei commenti) di chi è troppo stanco per usare un po' di immaginazione.
Naturalmente, la bici e i percorsi ciclabili non bastano.
Ci vogliono mezzi pubblici elettrici. Silenziosi, piccoli, agili. Ci vuole un piano di investimento a lungo termine, con sponsorizzazione. Per esempio, compri i Fiat e la Fiat può farci pubblicità quando vuole. Li assicuri con l'assicurazione Fiat. Dico Fiat per dire, se no Peugeot, Volkswagen, Tesla. Insomma, tratti.
Poi un'altra idea potrebbe essere, una volta creato un percorso ciclabile compatibile con quello delle auto, autorizzare la circolazione di questi Cosi A Quattro Ruote (in foto), che non so come si chiamano, anzi sì: questi in foto, per lo meno, si chiamano rishock (che brutto nome) e sono elettrici a pedalata assistita. Istituendo anche un servizio ciclotaxi a buon mercato, utilizzabile anche da mamme con passeggini e anziani. Per fare la spesa o andare in centro dalla periferia, magari.
In una città turistica, o in occasione di manifestazioni come la Festa del Ticino, potrebbero circolare solo loro. In teoria, esistono anche mezzi a pedalata assistita in grado di fare quello che fa un furgone. Naturalmente, roba leggera, però si può comunque fare. O far progettare. Anche qui, in Università, a Ingegneria.
Poi ci sono le officine per bici, i pezzi, gli accessori. Si potrebbe fare un distretto della bici qui, nelle aree industriali dismesse. Con bravi artigiani e progettisti.
Ci sono le rastrelliere antifurto che si possono sponsorizzare. Bisogna studiare un modo per fare tutto per bene, perché la bici è facile da rubare, ma gli strumenti ci sono.
Si potrebbe anche affidare all'Università di Pavia l'elaborazione di un software di simulazione del traffico ideato per aiutare la transizione dall'auto alla bici.
Questo solo per dire che magari poi le cose si possono fare.
E se piove e fa freddo e c'è neve, ci sono i mezzi coperti. E i mezzi pubblici.
Poi, per uscire da Pavia, c'è l'auto.

giovedì 13 febbraio 2014

Beh, è un'idea: via il traffico auto intorno al Carducci

Del resto, siamo in campagna elettorale. Tradizionalmente, il momento in cui si ascolta di più.
Quindi vado anch'io a dire la mia su una questione che mi riguarda da vicino: la viabilità intorno alla Scuola Carducci.
Non so se avete presente.
Code sempre. Porche Cayenne parcheggiate davanti al Bar Minerva. Genitori isterici che parcheggiano ovunque. Via Palestro come una tangenziale. Vigili che a un certo punto rinunciano anche a dare le multe. Autobus e furgoni incastrati dalla Sisley a piazza Minerva.
Un tanfo di scarico d'auto insopportabile.
Ecco.

Modesta proposta: 4 punti di sosta temporanea coordinati con il Pedibus (chiamiamoli Sosta Pedibus) per lasciare i bambini, al mattino, tra le 7.00 e le 9.00 (che poi diventano carico/scarico merci per il resto della mattinata, magari). Alle fermate del Pedibus predisponiamo volontari che a staffetta raccolgano e accompagnino i bambini ogni 10' per accompagnarli a scuola a piedi.

Dove? Intorno alla Minerva, per chi viene da sud e da nord:
1 - viale Cesare Battisti, lato ovest (Stazione), a 10m dal sottopassaggio e a 50 dal semaforo;
2- viale Cesare Battisti, lato est (edicola), subito prima della fermata dell'autobus;
3 - viale Libertà, lato est (Bar Minerva), due punti: a 50m dal semaforo e, per chi porta i bimbi al San Giorgio, poco prima della scuola.

punto1

Fatti come? Corsie di 15 m. circa, in grado di ospitare fino a 3 auto, una sosta di 30" al massimo, senza intralciare il traffico. Tipo corsia Taxi.


punto 3 - sosta per Carducci

Sicuri? Pare di sì: posto che la Polizia Municipale ci dovrà sempre essere, il camminamento è con sottopassaggio oppure con un solo attraversamento (via Palestro oppure Corso Cavour, davanti alla scuola). Per questo, tra Pedibus e ausiliari della Polizia si può organizzare una buona copertura.


punto 4 - sosta per San Giorgio

Ma così si eliminano posti auto? Sì. Pochi, ma buoni. Fatevene una ragione.
Ma avremo i volontari per il Pedibus? Rispondo con una domanda: avete idea di quanti genitori passano con i bambini a piedi (me compreso) alla Minerva?
Passo successivo: se il traffico lo permette, punti di Sosta Pedibus, in presenza dei Vigili, in via Palestro, per fare scendere i ragazzi di Carducci e Leonardo. Cosa che già accade. Solo che, regolamentata, toglierebbe un po' di scarico dal naso dei bambini. E sacrificherebbe, anche qui, diversi posti auto.

Mi rendo conto che tutto questo è aria, senza uno studio di fattibilità. Ma questa è una città in cui gli ingegneri, gli architetti e i geometri non mancano, vivaddio.
E noi cittadini dobbiamo essere educati ad andare a piedi e a usare più responsabilmente l'auto.
A pensare a soluzioni a un'altezza superiore a quella dei tubi di scappamento.

martedì 29 ottobre 2013

La vigilessa e il rinoceronte


Ieri, all'ora di pranzo e di transumanza degli studenti di liceo da zona Ticinello alla Stazione, è comparsa una vigilessa.
Già, pazzesco. Non si vedeva un vigile da cinque o sei anni, in quel punto. A parte incidenti e lavori in corso, chiaro.
Per chi non ne è al corrente, sulle strisce tra via Ticinello e piazzetta Guidi, ogni giorno tra le 13 e le 14 va in scena una lotta per la sopravvivenza degna del miglior National Geographic: sul corso Manzoni, intorno a cui si abbeverano branchi di suv e berline, furgoni delle consegne e camion frigorifero, bus pachidermici e bici di vecchiette, si riversano colonne di giovani umani sciamanti, appiedati e centaurini, che attraversano selvaggiamente, un po' per schivare i mezzi e un po' anarcopasseggiando. Saturando l'aria di risatine, grida sgangherate, sputi, madonne. E di un persistente aroma di canna.
Poi, d'improvviso, ieri: la vigilessa. Ho quasi corso, per la sorpresa. Per vedere cosa stava succedendo. Non stava succedendo niente: la vigilessa, con gesti precisi e fischiate imperative, regolava il traffico. Con una certa efficacia, anche.
Ma è stato un momento.
All'improvviso, un'utilitaria parcheggia sulla fermata del bus. La vigilessa fischia. Rifischia. Trifischia. Gesticola. Ma non può muoversi, perché è sul passaggio pedonale e sta facendo passare i pedoni, e poi deve far passare le auto. Quello scende dall'auto con calma olimpica, entra in un negozio, esce bello tranquillo, riparte.
Poi arriva un'auto da via Ticinello che, stracatafottendosene di un obbligo di svolta a destra, tira dritto in direzione stazione.
La vigilessa, impegnata a far svoltare correttamente uno che stava per saltare lo Stop di piazza Guidi, fischia, rifischia. Strafischia. Niente, quello non si ferma. Gesto vago, e via.
Subito, dalla stessa via, ecco due centaurini monomarcia col casco gengivale che svoltano a sinistra. La vigilessa quinquifischia, i due le passano davanti, lei prova anche a fare due passi imperiosi per fermarli in tempo, ma quelli se ne vanno.
Lei è sempre più incazzata, ma non può farci nulla. Io la guardo mentre riprende il suo posto, e poi mi incammino verso casa.
Pavia è una giungla abitata da gente che considera la strada una sua proprietà: ci piazza l'auto, ci mette l'immondizia, si incazza perché ci passano anche gli altri. Qui i ranger li devi mandare in squadra, come per catturare il rinoceronte, sennò è inutile.

martedì 8 ottobre 2013

Lampedusa

A proposito di responsabilità, mentre ancora centinaia di cadaveri sono sul fondo del mare, viene da pensare che queste morti, e quelle che l'hanno preceduta in silenzio, pesano sulla coscienza di chi ha istituito il reato di immigrazione clandestina, e di chi ha ideato e poi votato la Bossi-Fini. Poi, anche di altri, ma soprattutto sulla loro.
Visto che nessuno avrà mai giustizia, tocca sperare in un dio dalla memoria lunga e dalla mano ferma. Un dio vendicativo, come ce ne sono solo in Africa.

mercoledì 21 agosto 2013

Walking like a dynosaur


Ci sono dei momenti in cui ti senti proprio un dinosauro. In buona compagnia, per carità, ma pur sempre roba da paleontologi. A me è successo oggi, che spulciavo le offerte di lavoro e collaborazione, per cercare di estendere la mia rete mandando qualche curriculum. A un certo punto scopro l'esistenza di un motore di ricerca specializzato in free lance che pubblica anche dieci, quindici offerte al giorno per le mansioni di copywriter.
Esploro e mi rendo conto che:
- il motore di ricerca è famosissimo e io ovviamente non ne sospettavo nemmeno l'esistenza;
- c'è gente che 'affitta' il lavoro, ovvero mette un annuncio e chi risponde meglio (risponde subito, costa poco, consegna domani) ottiene la commessa;
- rispondono da tutto il mondo, parlanti inglese, semplicemente postando un commento;
- le transazioni sono (si promettono) rapide e puntuali.

Ora, le ragioni per cui mi sento un dinosauro:
- c'è gente che sta tutto il giorno collegata, raccoglie piccole commesse una alla volta, scrive, viene pagata e si mantiene pure;
- c'è gente che parla un inglese quasi madre lingua e quindi non avrò mai accesso a quel tipo di mercato;
- quasi tutti sono iperdigitalizzati, lavorano ovunque e usano piattaforme e software che non so neanche pronunciare;
- sembra che i committenti scrivano brief chiari, o per lo meno sono disposti a collaborare.

Ora, le ragioni per cui non mi sono ancora estinto:
- il copywriter vivaddio non scrive solo testi su commissione e quindi non riesco bene a capire quale sia il valore della professione in Usa;
- i testi un tanto al chilo, professionali quanto vuoi, sono poco efficaci - e non so quanto siano studiati quelli con delivery tomorrow;
- la gara al ribasso c'è anche qui, in paleolandia;
- mentre leggi le risposte agli annunci, ti chiedi: ma questi quante cazzo di ore lavorano?

Detto questo, la caverna che abito oggi mostra un bellissimo sole agostano con temperature piacevoli, quindi credo che mi farò un caffè e riprenderò a lavorare senza pensare troppo alla provincia della provincia della provincia dell'Impero.

martedì 23 luglio 2013

Spot che mi rovinano il piacere della radio


Per me la radio è un piacere e uno strumento professionale. In particolare Radio Rai, Radio24, Radio Popolare. Per le notizie, certo, ma mi piacciono proprio i programmi. Soprattutto Radio 24, di cui preferisco Italia in Controluce e Destini Incrociati, ma anche il tg spettacoli e quello europeo, e Tutti convocati condotto da Carlo Genta.

Quindi mi capita di sentire i radioannunci commerciali. E di mettermi nei panni (dolenti) del copy o dell'autore che li ha scritti. Perché di solito il Cliente, dei radio, se ne frega: è un sottogenere, un bonus del pacchetto completo, un inutile orpello per cui si possono convocare anche speaker scarsi e togliere tutte le voci di ricerca (musica, effettistica) che lo rendano interessante. Senza contare le inutili legal lines che per legge devono comparire. Risultato: la qualità media è così scadente che viene da piangere.
Ma fosse solo per questo, sai, uno dice: va beh, ma è estate, e poi qualcosa prima o poi cambierà, e poi c'è la crisi, e poi mica ascolto tutte le radio. Di annunci belli ce ne saranno.

Però non capisco perché devo sopportare, tra gli altri:
- lo spot della Ventura urlatrice con l'osceno e insensato siparietto con lo speaker (Citroen);
- l'antifurto in cui il gatto si chiama Fufi e le speaker che ridono come due scemette (Combivox);
- gli stra-ammiccanti pornocolleghi del caffè (Covim, mi pare);
- le tremende canzoncine di agenti-punto-it;
e -last but not least- il Grazie, Wind: niente di più becero del consumatore-idiota che ringrazia per pagare un servizio.



giovedì 18 luglio 2013

Mitridatizzati e stanchi

 
Ricordo una discussione, anni fa, via blog, con un leghista che sosteneva l'eterna balla della Lega partito popolare evoluto, federalista. Sosteneva che fosse ormai tramontato il mito del leghista troglodita e ignorante, che ci trovavamo in una nuova era, in cui era la Lega ora a riflettere l'Italia allo specchio, il popolo autentico e lavoratore, in guerra contro lo Stato oppressore.
Discussione inutile, perché - allora come oggi con i cinque stelle - c'era un sacco di gente che per botta di indignazione vota di stomaco, sulle proprie scarpe. Hai voglia a farli ragionare.
Ora però tendo a dargli ragione.
Calderoli, Alfano, Grillo, Monti, Letta oggi sono lo specchio di questo Paese.
Che non scende in piazza - per rispondere con una semplificazione alla domanda che pone Saviano su L'Espresso - perché si è mitridatizzato contro tutti e tutto.
Se non riusciamo a far dimettere Calderoli dalla vicepresidenza del Senato (verrebbe da dire: se Calderoli è vicepresidente del Senato, Alfano ministro dell'Interno, etc - ma così andremmo avanti per ore), se Letta (e Napolitano!) difende Alfano che fa una figura di merda planetaria assieme a tutti i suoi, se Grillo va da Napolitano e balbetta, se Monti e montisti continuano ad adorare il dio finanza, se persino il papa Gesuita sorpassa lo Stato in modernità introducendo il reato di tortura e stigmatizzando i lager che chiamano cpt, beh, se succede tutto questo e non ci incazziamo è perché da settimane, da mesi, da anni, da un ventennio almeno ci hanno mitridatizzato le palle, inoculandoci pian piano le loro velenosissime cazzate senza importanza.
Ora che la somma delle cazzate senza importanza ci ha reso tutti re Theoden prima della cura-Gandalf, abbiamo le palle troppo sgonfie e gli occhi troppo gonfi, a furia di inventarcene una per sopravvivere. Siamo un Paese mitridatizzato, che quando si guarda allo specchio si vede Pertini che esulta ai Mondiali dell'82, e invece è Alfano che si guarda intorno con gli occhi a palla e il palo in culo, o un cicchitto qualsiasi mentre dice che il dissidente kazako, comunque, non è mica uno stinco di santo.

martedì 9 luglio 2013

Esotico padano


Lo dico subito: anche io volevo farmi un tatuaggio. L'ho chiesto a un'amica pittrice, era bello, ma non ero del tutto convinto e poi mi è passata la voglia. Però, quando m'era venuta voglia, pensavo: se lo porto addosso per la vita, beh, che almeno sia una cosa bella no? Se no, perché farlo?

Nel fine settimana con Normanna e normannini siamo andati in piscina. Quella che il Normannino numero uno frequenta con il centro estivo. E mi ha impressionato la quantità, ma soprattutto la qualità di tatuaggi bellamente in mostra sulla pelle marrone. Specifico: qualità infima.
Ora, ognuno può fare quello che gli pare, ci mancherebbe, e poi nel ruolo di fustigatore dei costumi proprio non mi ci vedo; però non posso neanche chiudere gli occhi.
Ho visto tatuaggi di una bruttezza inquietante. In posti in cui stanno male.
Come un tribale appuntito e ricurvo sull'interno di una scapola: e chi lo vede? E come fa a piacerti? Ma poi: perché? Un tribale dovrebbe voler dire qualcosa, se lo metti lì per farlo vedere devi tagliarti il retro della camicia lungo la colonna vertebrale. E le ragazze: alcune con la schiena interamente tatuata in un casino assurdo di rose, teschi, pugnali, spine, croci. Cosa vuoi dirmi, ex ragazza trasformata in un vinile dei Sex Pistols, con tutta quella roba? Vorrei sapere se poi ti piace davvero.
Poi c'è il tizio che è ormai sui sessanta. E ne ha cinque, enormi, sulla pelle un poco rilassata, abbronzatura reddevils, ormai quasi completamente stinti. Non si sente un po' stinto anche lui?
Infine, la moda di merda delle frasi. Che fosse una, sai, un versetto del Corano piuttosto che un verso immortale o il nome di cinque fidanzate fa, vabbè, ci sta. Ma un corpo testo a interlinea 12 su mezza schiena, sei righe dico sei in un font gothic orrendo, con una frase di una banalità sconcertante: amica mia, hai visto troppa Megan Fox (in foto) e troppo poca vita.
Ma il tatuaggio non dovrebbe essere una cosa bella, che ti distingue, che ti arricchisce, che comunica qualcosa? Cosa dovrebbe comunicare di me una frase di Shakespeare, di Kalil Gibrain o di Nietsche? Non era meglio una bella maglietta, così, se un giorno non ti piace più, almeno la puoi cambiare?
E poi, che cazzo di fine ha fatto l'hennè?

In foto, il tipico caso di (super)gnocca con il corpo rovinato senza motivo. La scritta, brutta nel carattere e su ben tre righe, prende tutta la spalla. E dice: "We will all laugh at gilded butterflies", citazione da Re Lear di Shakespeare.

martedì 18 giugno 2013

Io non conosco Milano


Ci sono luoghi di Milano che non conosco proprio, e che invece dovrei (e potrei) facilmente visitare. Per esempio, se Lony (che forse mi leggerà su fb) non mi avesse regalato a Natale una visita alla Pinacoteca Ambrosiana, non mi sarebbe venuto in mente di andare a vedere Tiziano, Caravaggio, Leonardo, Ambrogio da Fossano, Pinturicchio, Bruegel, etc - e neanche l'Emilio Longoni di cui riporto i famosissimi bambini all'uscita di scuola. Poi c'è anche l'esposizione di alcune parti del Codice Atlantico.
Un paio d'ore ben spese alla (non modica) cifra di 15 euro + 3 di audioguida smartphone. A un'oretta da Pavia (con S13 a Pta Venezia, poi Duomo).

lunedì 20 maggio 2013

Come cani che lasciano il tag

A parziale precisazione, ecco una lettera molto sensata di un conoscente, indirizzata alla Provincia Pavese.

Ha molto colpito il super-blitz contro i presunti imbrattatori dei muri del nostro centro storico: un centinaio di agenti nelle case alle 6 del mattino, sequestro dei corpi di reato, seriose dichiarazioni del Sindaco, paginoni sul quotidiano. Non credo ci sia stata da anni a Pavia un’ azione così eclatante di controllo e repressione. Eppure siamo una città dove la mafia ha dato fuoco alla casa di un giornalista e alla macchina di un Consigliere Comunale. Una simile operazione forse si è visto ai tempi delle Brigate Rosse, ma per fortuna è storia lontana, e speriamo che lontana resti.
Ne ho parlato con mia figlia, sedicenne, anche perché tra i minorenni presi di mira c’è una sua amica che anch’io conosco. Una ragazza simpatica ed estrosa, brava a scuola e – come si diceva una volta - di “buona famiglia”. E’ una writer. Dipinge, insieme alla sua compagnia, i muri grigi e fatiscenti che sono in varie zone della città ( nelle periferie, nelle aree dismesse, lunghi i muri della Caserma Calchi, nei percorsi del treno, ecc.). Ci vanno di notte, con un “progetto grafico” che poi rinnovano, quando pensano che è venuta l’ora di tornare.
Perché lo fai, le ho chiesto un giorno? “Per rendere più belli e allegri quei muri senza più anima né storia… e poi è divertente perché è proibito“.
Io ho quasi sessant’anni, faccio fatica a capire tante cose dei “ragazzi di oggi”.
Parlando con lei ho però compreso che tra i writers e quelli che lasciano i loro “nomi/marchi” (i tag) ovunque, nel centro storico, c’è una grande differenza e c’è anche un po’ di repulsione. “Noi siamo artisti di strada - mi ha detto – loro sono come i cani che lasciano le pisciate in giro di qua e di là, solo per sentirsi vivi”.
Mi chiedo quindi se il mega-blitz abbia anche una funzione educativa: colpirne 30 per educarne mille? Ho i miei dubbi che sia una pedagogia vincente. Non si “con-vincono” così i ragazzini.
Chi governa la città (che fa schifo veramente, con tutte queste brutture-pisciate, lì da anni, nonostante le promesse elettorali e che resteranno, penso, nonostante il blitz) dovrebbe fare uno sforzo in più, per trovare vere soluzioni. In tante altre città, in Italia ed in Europa, non siamo messi così male. Si vada a capire come fanno.
Il nostro centro storico è davvero molto bello. E’ il lasciato generoso delle generazioni che ci hanno preceduto. Dalle generazioni di oggi dobbiamo chiedere e pretendere di continuare a coltivarne la bellezza. Non penso però che un “messaggio” convincente siano i blitz alle 6 del mattino per sequestrare una bomboletta di colore vermiglio. Signor Sindaco, faccia uno sforzo, pensi a qualcosa di meno eclatante ma di più efficace, educativo e duraturo. La nostra città davvero se lo merita. E i nostri ragazzi pure.
mimmo damiani

lunedì 13 maggio 2013

Il mio primo fucile di qualità


No, ma io lo so che arrivo ultimo. Hanno scritto tutti, e molto meglio di me. Però: io devo capacitarmi delle cose. E non ci riesco. Passa il tempo ma non ci riesco.
E non tanto perché un bambino di 5 abbia ucciso la sorellina di 2. Tremendo, ma - non passerò da cinico per questo - l'orrore della cronaca è anche questo, chiudere gli occhi non serve.
Tutto sta nello scoprire che c'è un'azienda (ma come fa uno a lavorare lì? e a dirigerla?) che mette in vendita (scusate, insisto: ma come fa uno a impostare una strategia di marketing su una cosa così?) un fucile pensato appositamente per bambini.
E bambine: c'è anche quello rosa.
Un fucile vero. Calibro 22. Ci puoi sparare agli scoiattoli.
Cioè: ha una produzione, una distribuzione, una comunicazione a vendere.
Chiarisco il sillogismo:
- i veri americani hanno diritto ad avere un fucile (e a usarlo)
- i bambini dovrebbero essere buoni americani fin dalla più tenera età (5 anni)
- tutti i bambini di 5 anni hanno diritto ad avere un fucile.
Chiarisco anche la posizione marketing (che è il mio mestiere, poi, no?):
- i bambini sono un mercato potenzialmente enorme, i grandi spendono molto anzi moltissimo per i bambini
- il fucile però dev'essere vero, non giocattolo, perché devono essere anche "educati", all'uso del fucile;
- leggero, maneggevole, portatile, smontabile, colorato;
- il loro primo fucile dev'essere di qualità!
Sintetizzo infine i fatti:
- due genitori regalano un fucile - un fucile vero! - Crickett calibro 22 a un bambino di 5 anni;
- il fucile viene abbandonato in un angolo;
- il fucile era carico, e i genitori dicono: "eh non ce ne siamo accorti"; capita a tutti, no? un momento di distrazione, lascio l'AK47 in giro e poi quel monellaccio mi falcia una classe di liceo;
- il fucile è l'arma con cui il fratellino di 5 anni, che non ha e non può avere concezione dell'omicidio, ha giocato a sparare alla sorella.

Niente. Non riesco a capacitarmene. Io non ce la faccio.

lunedì 22 aprile 2013

Io non ho capito


Allora io no, non capisco più. E mi passa anche la voglia di scherzare.
Io non ho capito quale cazzo di ragione avrebbe avuto il Pd a non eleggere Stefano Rodotà.
L'unico uomo che abbia mai visto contento di fare il Presidente della Repubblica. Non: onorato. Contento.
Non ho niente contro Giorgio Napolitano, se non che un uomo di quasi 90 anni avrebbe tutto il diritto di riposarsi, dopo un settennato politicamente orrendo, a cui a volte ha contribuito rifugiandosi nel Ruolo Istituzionale, facendo nascere il sospetto che fosse un alibi.
Non ho capito perché Bersani, dopo tutto il casino che ha fatto per fare del Pd un partito che non si allea con Berlusconi, abbia fatto il patto per l'elezione del Presidente. Non capisco, se di strategia si doveva parlare, perché la strategia del Pd sia cambiata. Io non ho votato per il Pdl. Non li toccherei neanche con un bastone. Forse neanche Bersani. Capisco quindi perché si sia dimesso. Evidentemente non comanda il Segretario, nel Pd.
Che poi il messaggio delle elezioni era: il M5S risulta il partito vincente, si è preso i voti che doveva prendere il Pd, quindi le posizioni del M5S sono in parte quelle della base Pd. Spostiamo un po' l'asse su una politica più cittadina, militante, meno palazzinara. Facciamo la tara alle puttanate che sparano loro sull'euro, e dritti alla meta. Non hanno voluto fare il governo con Bersani? Va bene, che se ne assumano la responsabilità. Ora eleggiamo un presidente che incarichi qualcuno che faccia quelle riforme, quelle stesse su cui si trovano sia Pd sia M5S: governo a tempo, poi vediamo se gli elettori pensano ancora sia meglio tenersi la Lombardi.
A me pareva semplice, il messaggio. L'ha capito anche Vendola.
Non capisco, dopo elezioni come queste, come si faccia a pensare a Giuliano Amato che orchestra un governo con il Pdl. Giuliano Amato. Così il Pd continua a dare ragioni a Grillo di dire quello che dice. E perde, oltre la base, anche i dirigenti.
Che poi di Grillo, guarda, te lo dico io, non bisognava avere paura.
Io che non capisco, e adesso non ne ho veramente più voglia, di capire, ti dico che non bisogna nemmeno avere paura di Renzi, dai. O di Berlusconi.
Il Pd deve avere paura di se stesso.
Perché se non sei abbastanza intelligente per riconoscere che il sentimento di chi ti vota ora ti fugge, vuol dire che hai fallito. Che devi davvero "andartene a casa". Ora, finché ce l'hai.

giovedì 14 marzo 2013

Siamo con le pezze al culo e stiamo a discutere il colore della toppa


Voglia di scrivere senza neanche pensarci tanto.
Parlando ieri con Filo di cose che vorremmo fare e cose che dovremmo fare e cose che non possiamo fare, pensavo che ora non sono più in grado di immaginarmi al di là di quest'anno. Pochi mesi, una sacchettata di settimane come quando prendi le noci con la paletta. E non va bene.
Ricordo che l'ultima volta che facevamo piani e progetti era il 2005: doveva ancora nascere il Normannino, avevo un lavoro stabile, facevo opposizione permanente, facevo la spesa al supermercato senza leggere tutti i cartellini delle offerte e guardavo i prezzi delle case. Poi, per quanto ci provassimo e ci proviamo tuttora la Normanna e io, ci è sempre risultato impossibile.
Ora oltre alla mia precarietà - condizione esistenziale e materiale allo stesso tempo: almeno sono coerente - e al fortissimo senso di colpa del non poter provvedere con le mie sole forze a disegnare un progetto per i miei figli, vedo che tutto è egualmente precario: il sistema economico, quello politico, quello istituzionale, perfino quello spirituale. Da lì, una volta, proveniva il buon esempio che i nostri padri usavano come metro delle proprie adempienze e inadempienze.
Ora i buoni esempi sono del tutto scomparsi. Fateci caso: quindici minuti dopo l'elezione del nuovo papa, nome del tutto sorprendente, circolavano già i dossier con i suoi presunti rapporti con Videla. Da giorni girano post che dicono di tutto dei parlamentari M5S appena insediati. Che senso ha. Questo per il nuovo - il vecchio era già così insozzato dalle corruzioni e dall'estenuante triste campagna elettorale, dal cumulo di balle. Siamo veramente sopraffatti, dalle balle, in preda agli effetti del sovradosaggio. Il nuovo diventa sporco e vecchio subito, è una meteora a cui non diamo neanche il tempo di tramontare.
E poi, stringendo un poco la lente: attorno sento e vedo sempre più gente lamentarsi (a volte stucchevolmente) della propria condizione, avanzare lunghe liste di recriminazioni, al Governo o alle banche, a chi non paga le tasse e a chi scrive sui muri, alle multinazionali rapaci e a chi fa cagare il cane sul marciapiede, e capisco che non è solo un vizio comune e diffuso. C'è qualcosa di più.
Una speciale qualità di ringhiosa solitudine che ci impedisce di unirci, affratellarci, lavorare sui noi stessi per limare le asperità della diffidenza. Diffidenza che viene dal fatto di non aver coltivato l'uguaglianza: lui ha di più, quindi pensa diverso, desidera diverso, vive diverso. Ma chi l'ha detto, poi.
Dovremmo reinventarci il rapporto tra vicini di casa. Ricostruire la nostra rete sociale sulla base del tempo che ho a disposizione - tolte le priorità: i bambini, la cena, la casa. Ripensare il mio lavoro: potrei dividere il mio tempo, e anche i miei guadagni, se c'è reciproco vantaggio. Resistere alla tentazione di dare per scontato che tu (tu Governo, tu Europa, tu Chiesa, tu Banca, tu supermercato, tu negoziante, tu ambulante, tu volontario, tu sportellista, tu poliziotto) voglia fottermi.
Però fino a che mi costringi a mettere insieme il pranzo con la cena, finché non ho manco un buon esempio tra le mani, finché non mi entra un po' di verità in questo strabordare di menzogna, dico, non se ne fa niente. Non si va avanti.

martedì 26 febbraio 2013

A me pare l'unica


Bersani si dimette da segretario del Pd, poi, dal blog di Civati: http://www.ciwati.it/2013/02/26/for-dummies/. E come dice Gilioli: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/02/26/le-tre-strade-di-pier-luigi/.

Se no, come?

Una sberla salutare. Nel senso di ciao


Chi sa se a questo punto riusciremo a considerare salutare la scossa alla vecchia quercia, all'antenato fronzuto che si ostina a cacare ghiande invece di farsi Avatar e chiamare i suoi volonterosi compagni alla rivoluzione. Salutare, dico, perché si cominci a ritrovare la radice popolare dello stare a sinistra che è e deve essere una scelta di campo. Antifascista, egalitario, etico, rivoluzionario: la definiamo così, la faccenda?
Questi non sono invece i connotati del M5S, il cui impatto è contenuto tutto in quel titolo, Tsunami, che ora suona amaramente vero e azzeccato: il voto per il M5S si è abbattuto sul nostro comune, caro vecchio sentire, facendo macerie del consenso a sinistra (ma anche a destra: la Lega è sparita). E in questo occorre anche vedere il merito dell'attivismo civico, e non solo il pericolo populista. Però l'impatto del M5S non è calcolabile: chi andrà in Parlamento? Come reagiranno i cento e più signor nessuno (evviva! ma anche ommadonna) a un'eventuale proposta di Bersani, sui temi che pure accomunano tutti, soprattutto Sel, su legalità, acqua pubblica, noTav, F35 e altro? E il famigerato referendum per uscire dall'euro? E le condizioni di rinegoziazione del debito? Quali di loro saranno egalitari, etici, antifascisti, rivoluzionari? E quali invece sceriffi, manipolati, fascistelli, o anche solamente impreparati?
Poi, si leggono anche tante cazzate: il voto per i grillini non è un voto di protesta, ma di reazione. C'è una bella differenza: se protesti, metti la croce FUORI dagli schemi degli altri; se reagisci, metti la croce DENTRO un'altra voce. Se non si capisce questo, non si può comprendere quello che è accaduto. La gente che vota Grillo è perché vuole stare dentro qualche cosa, non vuole che altri prendano la parola al posto loro. E questo secondo me è pericoloso. A me la partecipazione diretta, non mediata dalla rappresentanza (certo, tutt'altra rappresentanza! vedi il post qui sotto) fa paura. La sola tentazione del presidenzialismo, in una democrazia immatura e culturalmente impreparata come la nostra, è pericolosa.
Scrivo, ma ancora stordito: la sberla (o se preferite il calcio nei denti) l'ho presa anche io, che pensavo che il Pdl faticasse a passare il 20%. Il mio (solito) errore: credere che si potesse resistere alla Grande Rimozione, che questa volta non si potesse dimenticare il Pdl stracorrotto, il sesso e la cocaina, l'umiliazione internazionale, l'avvilimento della cultura sotto Berlusconi. Quindi è vero: il disonesto, l'illegale, il mafioso piace. Tutti quelli che hanno votato Pdl riflettano su questo: oggi non potete dire "ma noi non sapevamo". E questa mi sembra la vera catastrofe del voto.
Non tanto il fatto che il M5S sia il primo partito. Piuttosto, il fatto che attorno a loro, che sono un'incognita, ci sia un altro terzo di mondo che mette la mano sulla coscia e non sulla coscienza.
E che quindi sia io, la causa persa.


sabato 23 febbraio 2013

#votatealsenato #votateinLombardia


Da quello che ho appreso ieri, perché il tutto sia minimamente governabile, occorre cercare di mettere una pezza al Senato. I cripto sondaggi ve li risparmio, e comunque potrebbe accadere di tutto.
Ma il messaggio è questo: se vincerà, come sembra, Bersani, è interesse di tutti andare a votare al Senato per metterlo in condizione di governare. Come sapete, la Lombardia è l'Ohio di Italia quindi ha ancora maggiore importanza.
Quindi: andate e fate andare a votare, votate e fate votare in Lombardia.
Dai.

martedì 19 febbraio 2013

Postilla: comunque aveva ragione Elio Veltri


Da sempre lo dice Elio Veltri: il problema resta quello di dare soggettività, democrazia interna e trasparenza ai partiti. Se no, ha più credibilità uno come Grillo.