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martedì 17 marzo 2015

Appunti per una recensione che non scriverò


Comincerò con il dire che non sono in grado di recensire il libro di Pietro Roberto Goisis “Costruire l’adolescenza” - neanche se per recensione intendiamo il solito consiglio di lettura. E non perché non lo consiglierei, anzi lo consiglio caldamente, ma perché non ho proprio la competenza per scrivere del cuore di questo libro, che è proprio il suo modo di fare lo psicoanalista con i suoi pazienti adolescenti. Un modo che ha dei padri (Senise, Zapparoli), che intanto così ho potuto conoscere, dei colleghi, dei metodi, dei risultati. Tutte cose che – è chiaro - non so giudicare con cognizione di causa.
Ne scrivo invece per sottolinearne tutti gli altri motivi di interesse.
Per esempio: io non sono abituato a leggere saggistica, e se l’ho finito vuol dire che mi ha proprio preso. E mi ha preso, oltre per i motivi di cui ai punti seguenti, perché è scritto per essere letto anche dai non-psico, il che è molto molto meritevole. Ma non si tratta di un libro ‘divulgativo’, eh! Tutta la parte di teoria l’ho capita a stento. Solo: è il racconto di un’esperienza, quindi di un percorso, che è piuttosto chiaro se – come in questo caso – l’autore riesce a farti apparire chiare le premesse da cui si parte.
Poi: Goisis apre il libro con la citazione (il testo intero, mica tre versi!) di La costruzione di un amore di Ivano Fossati. Detto che è una delle mie preferite di Ivano-Sul-Divano, il tutto è funzionale al senso del volume, che è proprio nel senso della parola “costruzione”, che è già nel titolo, e di cui dirò poi.
E ancora: l’autore dice fin da subito che lui lavora con gli adolescenti perché… perché gli piacciono. Gli piacciono proprio, come succede a me. Non solo perché sono problematici, quindi affascinanti, ma perché sono incasinati, feroci e dolcissimi; sono un microcosmo che si agita, un universo subito dopo il big bang, una lattina di coca agitata nella mente ogni giorno per dieci anni. E il loro sgraziato mal calcolare la vita è pieno di bellissimi errori e di stupefacenti strategie per uscirne. Anche solo per questo meritano tutta l’attenzione.
E poi ancora, sono padre, quindi tutto questo mi riguarderà.
E infine: nel libro ci sono un sacco di storie.
Storie, sì: casi clinici che mi fanno capire – vi faranno capire – di che si parla. E io ai casi clinici mi ci sono appassionato. Alla faccia del transfer e del controtransfer, leggendo il libro io tumultuavo dietro ai ragazzi citati e ai loro problemi. Mi ci sono trasferito dentro, ho abitato in quelle stanze dove il Nostro sedeva e li ascoltava. Invisibile, piccolo piccolo, ho fatto da spettatore.
Da quest’ottica, si capiscono almeno due cose – e finalmente veniamo al perché consiglio il libro: lo psicoanalista si “immedesima” nell’adolescente e costruisce una via di uscita insieme a lui (questo non è che l’ho capito io, eh, c’è scritto fin dalla prefazione), formando una specie di alleanza in cui i ruoli siano ben distinti. Niente surrogati di padre, o amico: niente di più e niente di meno che il terapeuta che ci tiene davvero, a farti risalire la salita, che studia con te, che non ti nasconde niente e che prova anche a farti capire i tuoi genitori (e ai tuoi genitori far capire te).
La cosa, se ci pensate, è bellissima. Cosa odiano di più, in assoluto, gli adolescenti? Che gli adulti ti “tradiscano”, cioè che ti raccontino bugie, anche solo per proteggerti. Degli adulti non ci si può fidare, anche se i tuoi li ami tantissimo. E poi che nessuno li ascolti, o li ascolti con condiscendenza, senza trattarli alla pari. Ed ecco qui la cosa affascinante: qualcuno che istituzionalizza a metodo di cura il credergli, il dargli fiducia, lo sceglierli come alleati e compagni di strada.
La seconda cosa. Dalle mie letture per lavoro già l’avevo più o meno recepito, ma qui è detto più chiaramente: i neuroni specchio, la plasticità neuronale, insomma quella roba lì… il fatto che il cervello di un adolescente sia ancora in formazione. (In costruzione!). Ossia, il casino di cui parlavo prima si riflette nella struttura stessa del cervello. Quindi quando il terapeuta cura la sua mente, cura anche il suo cervello. Le sue cellule. I suoi collegamenti.
Che poi da alcuni anni, se ho capito bene, è questo che sta succedendo, nel mondo della cura della mente.
Ultima ultimissima cosa, in fondo al suo saggio Goisis consiglia un libro, un film e un disco. E li racconta proprio, una specie di appendice al suo personale viaggio della memoria professionale.
Il film che consiglia è Noi siamo infinito, e l’ho visto, e mi è piaciuto tantissimo, per un sacco di motivi che troveranno spazio in un altro post. Diciamo però che è stato un ponte, questo, tra me e quest’oggetto libro. Che ora mi guarda dal comodino, pieno di segnalibri lasciati sui punti che mi va di rileggere.
Rileggere, sì. Proprio io che non leggo saggi.

giovedì 9 ottobre 2014

Storie del Numero Due: L'anatra volante e il drago


Un giorno l'anatra volante stava passeggiando e sente che la terra si muove.
Però non è che si muove, è che c'è un drago sotto, no?
Un drago che non riesce più a muoversi, perché è un drago d'acqua, e nella sabbia non ci riuscEva.

- Riusciva...

Sì. E con le zampe fa BAM! e trema tutto...
Allora l'anatra volante dice: "Oh! La terra si muove! Cosa ci sarà qua sotto? Proviamo a scavare...".
E allora scava e scava ma non trova niente.
Perché il drago è dall'altra parte.
Ma poi scava ancora e vede che c'è il drago.
E il drago dice: Mhrrr Grrr Brrhg.
E lei: "Ah, vuoi uscire? Allora ti aiuto io".
Così l'anatra volante scava e scava finché il drago non esce.
E vede che è un drago nero.

Poi gli monta in groppa - perché è un drago che non aveva le spine - e gli mette il guinzaglio al collo. E una sella. Come Sdentato.
E vanno.

- Via, verso nuove avventure...

Eh ma il drago non riesce a volare. Perché le ali sono troppo pesanti...

- Era rimasta della sabbia?

Eh, sì, allora l'anatra volante fa un buco nell'ala, la svuota butta via la sabbia e la cuce di nuovo, poi... così le ali sono leggere e può volare. In alto.

E allora incontrano tutti i draghi neri, che lo cercavano. E allora l'anatra volante gli dice: "Ciao, drago nero! Sei arrivato!".
E il drago gli fa

(alza il braccio come un'ala pesante e ride)

Mrg Mrg Mrg
Saluta.

Questa storia si intitola "L'anatra volante e il drago nero".

mercoledì 1 ottobre 2014

Storie del Numero Due: la faccia del leone, dopo.


C'è una zebra che sta brucando tranquillamente. E c'è un toro lì vicino, che la vede e la vuole mangiare...

- Ma i tori non mangiano l'erba?
- Eh sì, però ha un ciuffo d'erba attaccato alla coda, allora...
- Ah...

Ricominciamo. Facciamo che era un leone.
Allora la papera volante, l'aquila e... c'è anche un falco, fanno... guarda!

(Due manine che fanno le ali e si tuffano in picchiata sul marciapiede)

Vanno fortissimo! E guarda cosa fa l'aquila: si toglie una piuma, che è di ferro, e la butta sulla testa del leone!
E poi arriva il falco che... guarda!

(Due manine che fanno le ali e si tuffano in picchiata sul marciapiede)

E il leone scappa, che ha paura del falco. E poi arriva la papera volante che si tuffa nello stagno e poi viene fuori e sputa tutta l'acqua in faccia al leone!
Pensa che faccia, il leone!

Così la zebra è salva.

martedì 29 aprile 2014

mercoledì 26 febbraio 2014

I grandi seduttori


Il Normannino, com'è noto, detesta tutte le femmine. Beh, non proprio tutte. Tutte quelle della sua classe. E anche qualcuna delle altre classi. Tutto questo indicherebbe che sia innamorato sostanzialmente di tutte, o se non di tutte almeno di un paio che abbiamo individuato con sicurezza. Che però non arrivano oltre la semplice presenza nei suoi racconti di scuola. Anzi. Se gli chiedi di più, si arrabbia, scappa o ti minaccia di terribili punizioni.
Inutile dire che la Normanna lo istiga senza tregua.
Numero Due, invece, quando non imita pari pari suo fratello, si lascia andare a gigioneggiamenti vari. Due brevi perle:
- A me piacciono, le Winx. Sono belle. Le vorrei tutte. Ma solo il corpo.
- Joanna, vuoi fare la mia fidanzata? Guardami, sono ubriaco...

martedì 4 febbraio 2014

Storie del Numero Due: A gothic duck tale - il ritorno della papera volante


Posso raccontarti una storia? C'era una volta la papera volante...

(applausi)

...che apre le ali e vola. A un certo punto muore. E un lampo la colpisce e muore.
Perché non ha visto i lampi.
Allora passa di lì un uomo. Un signore che la seppellisce. Fa una tomba... mette una pietra e fa il disegno di una papera che vola sopra.
Perché lei era al cimitero.

??

Lei era andata al cimitero. Per vedere se incontrava altri animali. Una coccinella, un ragno, un topo, una zebra...
Ma morti. Lei prende la pala e li vuole tirare fuori.
Perché per lei è facile farli vivere, poi.





giovedì 30 gennaio 2014

Storie del Numero Due: Real Time


Passa una volante con la sirena accesa al semaforo di Piazza della Minerva.

Guarda! Una macchina della Polizia dello Stato!
Si vede che ci sono dei ladri che rubano le statue.

- ?!

Sì. I ladri rubano le statue dal recinto. E la Polizia li insegue.
Loro guardano se c'è una macchina libera, salgono e schiacciano l'acceleratore. E la Polizia allora sale, schiaccia il pedale e accende la sirena.

Poi, con una pesca... no, con quel bastone che serve per pescare

- Una canna da pesca?

Sì, con una canna da pesca agganciano una statua. Nel bagagliaio.
I ladri provano a staccare la statua, ma non ci riescono.
E il poliziotto dice: "Questa me la prendo io! Ah Ah!".

Poi prende le manette, che c'è scritto sopra "Polizia dello Stato" e le lancia.
Le lancia, e... tlac!
Così cattura i ladri. E rimette le statue al loro posto.



mercoledì 8 gennaio 2014

Certo che ne vale proprio la pena

Dell'auto-motivazione, ovvero cosa ho imparato oggi sul mestiere di scrittore:
- che ci sono troppi aspiranti scrittori
- che quelli che ci sono non sanno come si fa
- che gli editori non vendono
- che i lettori non comprano
- che i racconti (in italia) non si pubblicano
- che i romanzi (italiani) non inventano
- che gli editori non progettano più
- che i pochi italiani che leggevano, leggono meno
- che il libro è morto da tempo
- che il mestiere di scrivere è un altro.

lunedì 18 novembre 2013

Storie del Numero Due: la statua della coccinella Lisa


L'anatra volante, l'aquila e la civetta vanno a trovare la coccinella Lisa.
Lei però muore.
Di vecchiaia.
Allora le fanno una statua. Solo che, mentre le fanno la statua, lei apre un'ala

ala che si apre

poi l'altra

ala che si apre (l'altra)

e vola via: Vvvvvvv...

Non era morta, era solo addormentata. Doveva fare dei riposini.
Poi vengono quelli bravi e prendono tutti i pezzi e li portano in discarica.
La mano meccanica invece la portano a riparare.

??

La riparano, come quella del drago. Perché c'era una statua di un drago, con un braccio meccanico e una mano che...

mano che artiglia l'aria, tipo Dottor Destino

stritola. L'ha fatta un uomo che è vissuto tanto tempo fa.
Un po' genio.

venerdì 15 novembre 2013

Sulle strade del silenzio di Giorgio Boatti


Sono contento di aver superato la mia solita pigrizia nell’uscire dalle letture abituali. Confesso che, se non fosse stato di Giorgio Boatti, a cui mi legano, oltre a una generica stima, la conoscenza di Monica e una breve rassegna di incroci frettolosi sulla porta di Echo, forse non l’avrei letto. Non per altro: avevo semplicemente una pila così di roba da leggere, prima. Romanzi, racconti, fumetti. Poi però una sera ho cominciato a leggere e ci sono un po’ cascato dentro.
Perché Sulle strade del silenzio è un libro strano che lascia addosso molte cose, poco definibili. Polvere di calcinaccio caduti sul cappotto, briciole in fondo alla borsa, erba sul fondo dei pantaloni. Tracce, segni che sai di avere addosso ma ora devi camminare mica puoi fermarti a guardare bene.
È un racconto di viaggio per l’Italia in cui il paesaggio, pur mostrando colline e scorci, è tutto interiore. Un reportage autobiografico su un sentimento di irrequietezza, di mancanza di significati, mai indagato.
Giorgio Boatti non parla di quello che gli succede dentro, ma di quello che vede e ascolta in preda al proprio spaesamento, esplorando le vite che abitano i monasteri italiani, le vicende di persone che non vediamo e non sentiamo, che immaginiamo, se non proprio fuori dal mondo, sicuramente un po’ fuori asse. La cui solitudine attrae quando vorremmo prenderci una vacanza da noi stessi, equivocando. La cui scelta appare intrisa di una vaga misantropia.
Oltre a restituircene un’immagine non stereotipata, Giorgio riesce a rovesciare la prospettiva secondo cui è il nostro tipo di vita, quello vero, quello coraggioso, che non fugge e si carica di affanni. I monasteri non sono insomma luoghi di pace, di vacanza dal mondo, ma di ricerca – certo, più o meno serena o pacificata, ma pur sempre in divenire – che rispondono a un diverso bisogno di verità. Una verità che vorremmo tutti e una necessità che probabilmente non occorre essere credenti per capire. Quanto questa scelta sia alternativa, e in cosa consista esattamente, credo che sia il mistero non svelato attorno a cui girano le domande dell’autore.
Ai percorsi di vita che Boatti incontra lungo la penisola si contrappunta, sottotraccia, la riflessione dell’autore. Mai scontata, sempre lontana dalla tentazione dell’autobiografismo non richiesto, stimolata più dagli incontri e dalle situazioni, dai paesaggi nitidi lungo le statali e tra le montagne in cui è facile perdersi, che non dal bisogno di farci partecipi di un suo rovello. I suoi dubbi, le sue esitazioni, le domande che si pone hanno invece il grande pregio di avvicinarci alla materia, permettendoci di seguire anche nostri percorsi di riflessione dentro i suoi, di attingere alla sua meraviglia per trovarci qualcosa di nostro.
Non si resta fuori, per nulla, anzi ci si perde volentieri nelle anse dei fiumi che ci dipinge. Si perde un poco il senso del tempo – esattamente come il viaggiatore Giorgio si perde apposta per le campagne. Un momento di ripiegamento che a me è risultato semplice e leggero, lasciando tutta una serie di sensazioni addosso che impiegherò un bel po’ a leggere, fuori dalle pagine e dentro i miei paesaggi.

sabato 9 novembre 2013


Ognuno reagisce a modo suo. Io oggi faccio così, Ezio, ti saluto come non ho fatto tempo a fare.
Avevo appena cominciato a conoscerti un poco meglio, ora mi sento derubato e vuoto.
Di un uomo buono a cui piacevano le cose belle, quelle che hanno sapore e che si possono raccontare ridendo. Di una faccia larga e sorniona, che con una mano in tasca e l'altra che gesticola mi faceva vedere le cose che avremmo dovuto fare. Di una cena a Spazio, mercoledì. Di una lettura del mio romanzo, che giovedì scorso ho dimenticato di mandarti. Di tutti i treni che avremmo potuto prendere insieme.
Non è giusto.
Senti, facciamo così: tu prepara il tavolo, che quando ci rivediamo ti porto su una bottiglia e tutti i libri che sarò riuscito a scrivere.

Storie del Numero due: C'è una zebra in pericolo

C'è un'anatra volante che a un certo punto vede una zebra incastrata in un tombino. E allora l'anatra volante, la civetta e l'aquila la aiutano, se no arrivano i topini.
L'anatra vola in alto in alto e prende un mattone e bam,

manine che sbattono qualcosa di pesante per terra

sulla testa del primo topino. Poi arriva la civetta che prende un tronco, grande, e lo fa rotolare e bam!

manine che sbattono qualcosa di pesante sulla testa

sulla testa del secondo topino. Poi arriva l'aquila che con i suoi artigli

manine e bocca che fanno gli artigli

prende la zebra e... la salva.
Poi però arriva un leone. E l'anatra, la civetta e l'aquila lo attaccano, wish push tumsh

calci e pugni all'aria

E lui non ha paura, perché è un leone. Però se ne va. Perché loro aprono le ali e allora.
Ti è piaciuta?


venerdì 8 novembre 2013

Storie del Numero Due: l'anatra volante e il cacciatore.

[Numero Due inventa le storie per divertire il papà, nel tragitto verso la scuola]


C'è un'anatra volante che vola e incontra una civetta e un'aquila. E la civetta e l'aquila le dicono: stiamo andando a cercare del cibo. E allora l'anatra le porta in un posto dove c'è tutto un paradiso di cose da mangiare e loro

manine fin dentro la bocca

gnam gnam gnam. Poi arriva il cacciatore, le vede e pum, spara. E le colpisce alla pancia. Però solo un po'. Non muoiono. Allora scendono e aprono le ali e... wham wham wham

braccia che fanno a cazzotti con l'aria

lo sbattono a testa in giù contro il muro. Fine. Ti è piaciuta?

lunedì 28 ottobre 2013

Domenica si vola


Domenica (ieri) anteprima mattutina all'Orfeo, con la Normanna che ci ha portato a vedere Planes, a noi tre maschietti. E poi a inseguire i piccioni in Piazza Duomo.

giovedì 17 ottobre 2013

Videoclip '80

Di recente faccio sogni piuttosto cupi. Questa notte, complice l'aver sentito di un caso di cronaca atroce, o almeno più atroce del solito, ho sognato che mio figlio era in pericolo - non so quale, pericolo, ma chiamava e, in una visione davvero banale, tipo videoclip strobo della mia adolescenza, non riuscivo a raggiungerlo. Questo per pochi, lunghi secondi.
Poi, al sogno è subentrata la coscienza: non se a voi accade, a me piuttosto spesso. Che un sogno, di cui si abbia improvvisamente la consapevolezza, si possa pilotare, rompere e ricucire, cambiargli il finale.
Ebbene, io ho cambiato finale al sogno, mi sono liberato dalle pastoie che mi tenevano legato e l'ho afferrato e intanto non sentivo né la mia voce né la sua, ma l'audio di un televisore che recitava le battute di un film di cappa e spada, tipo Stuart Granger in Scaramouche, e il personaggio diceva - per lo meno, io questo ricordo di avergli sentito dire - "... O morirò nel tentativo".
Questa schifezza di sogno l'avevo anche rimossa, stamattina, nel primo risveglio. Mi è tornata in mente ora, che più o meno piacevolmente galleggio in un lago di paracetamolo, aspettando che il tè si freddi. Da qualche parte in me si rinforza l'idea di non aver digerito qualcosa, ieri sera. Il risotto, o forse gli anni '80.

lunedì 23 settembre 2013

Here comes the sun

Numero Due mentre va a scuola

- Ma oggi non c'è, il sole, papà?
- Sì che c'è, è giorno...
- Ma c'è la nebbia!
- Eh sì, è perché...
- Si vede che il sole sta facendo colazione.
- ...
- Poi si lava i denti, si mette i vestiti tutti gialli e toc toc toc si attacca tutti i raggi, uno per uno.

martedì 10 settembre 2013

Vediamo che succede - parte 1


Mentre a tempo perso rifletto su alcune pagine e, rileggendo, comincio a revisionarle come si deve (ci sono alcuni punti in cui la voce, proprio, mi si inceppa), mi arriva il terzo riscontro.
Il primo commento, finora l'unico "tecnico" (non so se posso dirvi da chi viene), sulle prime 20 pagine, è un sostanziale "non male, anche se manca di tono".
Gli altri due provengono da due super donne. Una è Virginie, che mi ha riempito di soddisfazione: è un romanzo vero, mi ha scritto; ed è il riconoscimento che volevo.
La seconda, per me sorprendente, è quello della Normanna. Direte voi: ah, beh, è tua moglie e madre dei tuoi figli.
Eh no, non funziona mica così. Primo, perché la Normanna si tiene ben lontana dalle mie menate più o meno pseudointellettuali. Poi perché è una lettrice onnivora, come me, ma ha gusti diversi dai miei. Infine perché, lavorando nel mercato dell'editoria, ha una certa sensibilità commerciale che a me manca del tutto. I suoi occhi sono quelli di una lettrice forte e generalista, senza concessioni al bestseller inutile o ipersentimentale o, dall'altro lato, al super criticismo astratto.
Insomma: è in grado di farmi il culo come di dirmi che funziona. E secondo lei, al netto delle critiche su certe involuzioni della forma, funziona.
Da parte mia, incamero tutto e attendo che arrivino gli altri commenti prima di buttarmi nella revisione.
E intanto scrivo, altro. Cose nuove che al mio orecchio sembrano già fare passi avanti. Vediamo cosa ne esce.


mercoledì 21 agosto 2013

Walking like a dynosaur


Ci sono dei momenti in cui ti senti proprio un dinosauro. In buona compagnia, per carità, ma pur sempre roba da paleontologi. A me è successo oggi, che spulciavo le offerte di lavoro e collaborazione, per cercare di estendere la mia rete mandando qualche curriculum. A un certo punto scopro l'esistenza di un motore di ricerca specializzato in free lance che pubblica anche dieci, quindici offerte al giorno per le mansioni di copywriter.
Esploro e mi rendo conto che:
- il motore di ricerca è famosissimo e io ovviamente non ne sospettavo nemmeno l'esistenza;
- c'è gente che 'affitta' il lavoro, ovvero mette un annuncio e chi risponde meglio (risponde subito, costa poco, consegna domani) ottiene la commessa;
- rispondono da tutto il mondo, parlanti inglese, semplicemente postando un commento;
- le transazioni sono (si promettono) rapide e puntuali.

Ora, le ragioni per cui mi sento un dinosauro:
- c'è gente che sta tutto il giorno collegata, raccoglie piccole commesse una alla volta, scrive, viene pagata e si mantiene pure;
- c'è gente che parla un inglese quasi madre lingua e quindi non avrò mai accesso a quel tipo di mercato;
- quasi tutti sono iperdigitalizzati, lavorano ovunque e usano piattaforme e software che non so neanche pronunciare;
- sembra che i committenti scrivano brief chiari, o per lo meno sono disposti a collaborare.

Ora, le ragioni per cui non mi sono ancora estinto:
- il copywriter vivaddio non scrive solo testi su commissione e quindi non riesco bene a capire quale sia il valore della professione in Usa;
- i testi un tanto al chilo, professionali quanto vuoi, sono poco efficaci - e non so quanto siano studiati quelli con delivery tomorrow;
- la gara al ribasso c'è anche qui, in paleolandia;
- mentre leggi le risposte agli annunci, ti chiedi: ma questi quante cazzo di ore lavorano?

Detto questo, la caverna che abito oggi mostra un bellissimo sole agostano con temperature piacevoli, quindi credo che mi farò un caffè e riprenderò a lavorare senza pensare troppo alla provincia della provincia della provincia dell'Impero.

martedì 20 agosto 2013

Tornati (più o meno)


Mi è capitato già l'altra volta, ma temo che non mi abituerò mai: tutte le volte che torno dalle vacanze a Maratea mi porto un sacco di cose che non ho voglia di raccontare o di scrivere. Sono bellissime, ma sono mie. Un po' quando rivedi le foto della vacanza e ti accorgi che, per quanto bella sia, non rende.
Ecco, il mio sentimento post vacanza è un occhio umano, che funziona mentre funzionano altre cose (odorato, gusto, senso del bello, memoria, tatto dei piedi, etc) e quindi comprende un bel po' di cose, che non è il caso di raccontare. Cosa ne importa ai miei dodici lettori e mezzo, poi.
Per dovere di blog, comunque, e per omaggio a Filo e ai classificari di tutto il mondo, posterò le cinque cose che mi sono piaciute di più (in rigoroso ordine sparso, e un paio sono un po' ovvie).
1. La famiglia: La Normanna e i suoi pomodori, Numero Due che corre sulle macchinine elettriche, Numero Uno che si rompe il labbro e non versa una sola lacrima una;
2. La spiaggia di Marina di Maratea, che insieme ad Acquafredda è stata la destinazione più gettonata (nelle settimane di agosto Macarro e le Nere erano quasi infrequentabili);
3. Nuotare, dato che con quello che mangio sono perfino dimagrito;
4. Le soste e le gite: Perugia e Gubbio, Certosa di Padula e Lago Sirino. Peccato non aver visto Rivello, e mi resta la voglia di farmi un giro sul Pollino.
5. Il cibo e il giardino in compagnia: ecco, qui ci sarebbe tanta roba da dire, ma non ve ne lascio nemmeno un pezzetto.

(in foto, un baule di casa)