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mercoledì 1 ottobre 2014
Storie del Numero Due: la faccia del leone, dopo.
C'è una zebra che sta brucando tranquillamente. E c'è un toro lì vicino, che la vede e la vuole mangiare...
- Ma i tori non mangiano l'erba?
- Eh sì, però ha un ciuffo d'erba attaccato alla coda, allora...
- Ah...
Ricominciamo. Facciamo che era un leone.
Allora la papera volante, l'aquila e... c'è anche un falco, fanno... guarda!
(Due manine che fanno le ali e si tuffano in picchiata sul marciapiede)
Vanno fortissimo! E guarda cosa fa l'aquila: si toglie una piuma, che è di ferro, e la butta sulla testa del leone!
E poi arriva il falco che... guarda!
(Due manine che fanno le ali e si tuffano in picchiata sul marciapiede)
E il leone scappa, che ha paura del falco. E poi arriva la papera volante che si tuffa nello stagno e poi viene fuori e sputa tutta l'acqua in faccia al leone!
Pensa che faccia, il leone!
Così la zebra è salva.
martedì 17 giugno 2014
Un poco di immaginazione
Naturalmente, la bici e i percorsi ciclabili non bastano.
Ci vogliono mezzi pubblici elettrici. Silenziosi, piccoli, agili. Ci vuole un piano di investimento a lungo termine, con sponsorizzazione. Per esempio, compri i Fiat e la Fiat può farci pubblicità quando vuole. Li assicuri con l'assicurazione Fiat. Dico Fiat per dire, se no Peugeot, Volkswagen, Tesla. Insomma, tratti.
Poi un'altra idea potrebbe essere, una volta creato un percorso ciclabile compatibile con quello delle auto, autorizzare la circolazione di questi Cosi A Quattro Ruote (in foto), che non so come si chiamano, anzi sì: questi in foto, per lo meno, si chiamano rishock (che brutto nome) e sono elettrici a pedalata assistita. Istituendo anche un servizio ciclotaxi a buon mercato, utilizzabile anche da mamme con passeggini e anziani. Per fare la spesa o andare in centro dalla periferia, magari.
In una città turistica, o in occasione di manifestazioni come la Festa del Ticino, potrebbero circolare solo loro. In teoria, esistono anche mezzi a pedalata assistita in grado di fare quello che fa un furgone. Naturalmente, roba leggera, però si può comunque fare. O far progettare. Anche qui, in Università, a Ingegneria.
Poi ci sono le officine per bici, i pezzi, gli accessori. Si potrebbe fare un distretto della bici qui, nelle aree industriali dismesse. Con bravi artigiani e progettisti.
Ci sono le rastrelliere antifurto che si possono sponsorizzare. Bisogna studiare un modo per fare tutto per bene, perché la bici è facile da rubare, ma gli strumenti ci sono.
Si potrebbe anche affidare all'Università di Pavia l'elaborazione di un software di simulazione del traffico ideato per aiutare la transizione dall'auto alla bici.
Questo solo per dire che magari poi le cose si possono fare.
E se piove e fa freddo e c'è neve, ci sono i mezzi coperti. E i mezzi pubblici.
Poi, per uscire da Pavia, c'è l'auto.
giovedì 13 febbraio 2014
Beh, è un'idea: via il traffico auto intorno al Carducci
Del resto, siamo in campagna elettorale. Tradizionalmente, il momento in cui si ascolta di più.
Quindi vado anch'io a dire la mia su una questione che mi riguarda da vicino: la viabilità intorno alla Scuola Carducci.
Non so se avete presente.
Code sempre. Porche Cayenne parcheggiate davanti al Bar Minerva. Genitori isterici che parcheggiano ovunque. Via Palestro come una tangenziale. Vigili che a un certo punto rinunciano anche a dare le multe. Autobus e furgoni incastrati dalla Sisley a piazza Minerva.
Un tanfo di scarico d'auto insopportabile.
Ecco.
Modesta proposta: 4 punti di sosta temporanea coordinati con il Pedibus (chiamiamoli Sosta Pedibus) per lasciare i bambini, al mattino, tra le 7.00 e le 9.00 (che poi diventano carico/scarico merci per il resto della mattinata, magari). Alle fermate del Pedibus predisponiamo volontari che a staffetta raccolgano e accompagnino i bambini ogni 10' per accompagnarli a scuola a piedi.
Dove? Intorno alla Minerva, per chi viene da sud e da nord:
1 - viale Cesare Battisti, lato ovest (Stazione), a 10m dal sottopassaggio e a 50 dal semaforo;
2- viale Cesare Battisti, lato est (edicola), subito prima della fermata dell'autobus;
3 - viale Libertà, lato est (Bar Minerva), due punti: a 50m dal semaforo e, per chi porta i bimbi al San Giorgio, poco prima della scuola.
punto1
Fatti come? Corsie di 15 m. circa, in grado di ospitare fino a 3 auto, una sosta di 30" al massimo, senza intralciare il traffico. Tipo corsia Taxi.
punto 3 - sosta per Carducci
Sicuri? Pare di sì: posto che la Polizia Municipale ci dovrà sempre essere, il camminamento è con sottopassaggio oppure con un solo attraversamento (via Palestro oppure Corso Cavour, davanti alla scuola). Per questo, tra Pedibus e ausiliari della Polizia si può organizzare una buona copertura.
punto 4 - sosta per San Giorgio
Ma così si eliminano posti auto? Sì. Pochi, ma buoni. Fatevene una ragione.
Ma avremo i volontari per il Pedibus? Rispondo con una domanda: avete idea di quanti genitori passano con i bambini a piedi (me compreso) alla Minerva?
Passo successivo: se il traffico lo permette, punti di Sosta Pedibus, in presenza dei Vigili, in via Palestro, per fare scendere i ragazzi di Carducci e Leonardo. Cosa che già accade. Solo che, regolamentata, toglierebbe un po' di scarico dal naso dei bambini. E sacrificherebbe, anche qui, diversi posti auto.
Mi rendo conto che tutto questo è aria, senza uno studio di fattibilità. Ma questa è una città in cui gli ingegneri, gli architetti e i geometri non mancano, vivaddio.
E noi cittadini dobbiamo essere educati ad andare a piedi e a usare più responsabilmente l'auto.
A pensare a soluzioni a un'altezza superiore a quella dei tubi di scappamento.
Quindi vado anch'io a dire la mia su una questione che mi riguarda da vicino: la viabilità intorno alla Scuola Carducci.
Non so se avete presente.
Code sempre. Porche Cayenne parcheggiate davanti al Bar Minerva. Genitori isterici che parcheggiano ovunque. Via Palestro come una tangenziale. Vigili che a un certo punto rinunciano anche a dare le multe. Autobus e furgoni incastrati dalla Sisley a piazza Minerva.
Un tanfo di scarico d'auto insopportabile.
Ecco.
Modesta proposta: 4 punti di sosta temporanea coordinati con il Pedibus (chiamiamoli Sosta Pedibus) per lasciare i bambini, al mattino, tra le 7.00 e le 9.00 (che poi diventano carico/scarico merci per il resto della mattinata, magari). Alle fermate del Pedibus predisponiamo volontari che a staffetta raccolgano e accompagnino i bambini ogni 10' per accompagnarli a scuola a piedi.
Dove? Intorno alla Minerva, per chi viene da sud e da nord:
1 - viale Cesare Battisti, lato ovest (Stazione), a 10m dal sottopassaggio e a 50 dal semaforo;
2- viale Cesare Battisti, lato est (edicola), subito prima della fermata dell'autobus;
3 - viale Libertà, lato est (Bar Minerva), due punti: a 50m dal semaforo e, per chi porta i bimbi al San Giorgio, poco prima della scuola.
punto1
Fatti come? Corsie di 15 m. circa, in grado di ospitare fino a 3 auto, una sosta di 30" al massimo, senza intralciare il traffico. Tipo corsia Taxi.
punto 3 - sosta per Carducci
Sicuri? Pare di sì: posto che la Polizia Municipale ci dovrà sempre essere, il camminamento è con sottopassaggio oppure con un solo attraversamento (via Palestro oppure Corso Cavour, davanti alla scuola). Per questo, tra Pedibus e ausiliari della Polizia si può organizzare una buona copertura.
punto 4 - sosta per San Giorgio
Ma così si eliminano posti auto? Sì. Pochi, ma buoni. Fatevene una ragione.
Ma avremo i volontari per il Pedibus? Rispondo con una domanda: avete idea di quanti genitori passano con i bambini a piedi (me compreso) alla Minerva?
Passo successivo: se il traffico lo permette, punti di Sosta Pedibus, in presenza dei Vigili, in via Palestro, per fare scendere i ragazzi di Carducci e Leonardo. Cosa che già accade. Solo che, regolamentata, toglierebbe un po' di scarico dal naso dei bambini. E sacrificherebbe, anche qui, diversi posti auto.
Mi rendo conto che tutto questo è aria, senza uno studio di fattibilità. Ma questa è una città in cui gli ingegneri, gli architetti e i geometri non mancano, vivaddio.
E noi cittadini dobbiamo essere educati ad andare a piedi e a usare più responsabilmente l'auto.
A pensare a soluzioni a un'altezza superiore a quella dei tubi di scappamento.
giovedì 30 gennaio 2014
Storie del Numero Due: Real Time
Passa una volante con la sirena accesa al semaforo di Piazza della Minerva.
Guarda! Una macchina della Polizia dello Stato!
Si vede che ci sono dei ladri che rubano le statue.
- ?!
Sì. I ladri rubano le statue dal recinto. E la Polizia li insegue.
Loro guardano se c'è una macchina libera, salgono e schiacciano l'acceleratore. E la Polizia allora sale, schiaccia il pedale e accende la sirena.
Poi, con una pesca... no, con quel bastone che serve per pescare
- Una canna da pesca?
Sì, con una canna da pesca agganciano una statua. Nel bagagliaio.
I ladri provano a staccare la statua, ma non ci riescono.
E il poliziotto dice: "Questa me la prendo io! Ah Ah!".
Poi prende le manette, che c'è scritto sopra "Polizia dello Stato" e le lancia.
Le lancia, e... tlac!
Così cattura i ladri. E rimette le statue al loro posto.
city mep
abaut ze,
babboradio,
bollettino,
pavia,
ruba libre
sabato 9 novembre 2013
Ognuno reagisce a modo suo. Io oggi faccio così, Ezio, ti saluto come non ho fatto tempo a fare.
Avevo appena cominciato a conoscerti un poco meglio, ora mi sento derubato e vuoto.
Di un uomo buono a cui piacevano le cose belle, quelle che hanno sapore e che si possono raccontare ridendo. Di una faccia larga e sorniona, che con una mano in tasca e l'altra che gesticola mi faceva vedere le cose che avremmo dovuto fare. Di una cena a Spazio, mercoledì. Di una lettura del mio romanzo, che giovedì scorso ho dimenticato di mandarti. Di tutti i treni che avremmo potuto prendere insieme.
Non è giusto.
Senti, facciamo così: tu prepara il tavolo, che quando ci rivediamo ti porto su una bottiglia e tutti i libri che sarò riuscito a scrivere.
martedì 29 ottobre 2013
La vigilessa e il rinoceronte
Ieri, all'ora di pranzo e di transumanza degli studenti di liceo da zona Ticinello alla Stazione, è comparsa una vigilessa.
Già, pazzesco. Non si vedeva un vigile da cinque o sei anni, in quel punto. A parte incidenti e lavori in corso, chiaro.
Per chi non ne è al corrente, sulle strisce tra via Ticinello e piazzetta Guidi, ogni giorno tra le 13 e le 14 va in scena una lotta per la sopravvivenza degna del miglior National Geographic: sul corso Manzoni, intorno a cui si abbeverano branchi di suv e berline, furgoni delle consegne e camion frigorifero, bus pachidermici e bici di vecchiette, si riversano colonne di giovani umani sciamanti, appiedati e centaurini, che attraversano selvaggiamente, un po' per schivare i mezzi e un po' anarcopasseggiando. Saturando l'aria di risatine, grida sgangherate, sputi, madonne. E di un persistente aroma di canna.
Poi, d'improvviso, ieri: la vigilessa. Ho quasi corso, per la sorpresa. Per vedere cosa stava succedendo. Non stava succedendo niente: la vigilessa, con gesti precisi e fischiate imperative, regolava il traffico. Con una certa efficacia, anche.
Ma è stato un momento.
All'improvviso, un'utilitaria parcheggia sulla fermata del bus. La vigilessa fischia. Rifischia. Trifischia. Gesticola. Ma non può muoversi, perché è sul passaggio pedonale e sta facendo passare i pedoni, e poi deve far passare le auto. Quello scende dall'auto con calma olimpica, entra in un negozio, esce bello tranquillo, riparte.
Poi arriva un'auto da via Ticinello che, stracatafottendosene di un obbligo di svolta a destra, tira dritto in direzione stazione.
La vigilessa, impegnata a far svoltare correttamente uno che stava per saltare lo Stop di piazza Guidi, fischia, rifischia. Strafischia. Niente, quello non si ferma. Gesto vago, e via.
Subito, dalla stessa via, ecco due centaurini monomarcia col casco gengivale che svoltano a sinistra. La vigilessa quinquifischia, i due le passano davanti, lei prova anche a fare due passi imperiosi per fermarli in tempo, ma quelli se ne vanno.
Lei è sempre più incazzata, ma non può farci nulla. Io la guardo mentre riprende il suo posto, e poi mi incammino verso casa.
Pavia è una giungla abitata da gente che considera la strada una sua proprietà: ci piazza l'auto, ci mette l'immondizia, si incazza perché ci passano anche gli altri. Qui i ranger li devi mandare in squadra, come per catturare il rinoceronte, sennò è inutile.
mercoledì 21 agosto 2013
Walking like a dynosaur
Ci sono dei momenti in cui ti senti proprio un dinosauro. In buona compagnia, per carità, ma pur sempre roba da paleontologi. A me è successo oggi, che spulciavo le offerte di lavoro e collaborazione, per cercare di estendere la mia rete mandando qualche curriculum. A un certo punto scopro l'esistenza di un motore di ricerca specializzato in free lance che pubblica anche dieci, quindici offerte al giorno per le mansioni di copywriter.
Esploro e mi rendo conto che:
- il motore di ricerca è famosissimo e io ovviamente non ne sospettavo nemmeno l'esistenza;
- c'è gente che 'affitta' il lavoro, ovvero mette un annuncio e chi risponde meglio (risponde subito, costa poco, consegna domani) ottiene la commessa;
- rispondono da tutto il mondo, parlanti inglese, semplicemente postando un commento;
- le transazioni sono (si promettono) rapide e puntuali.
Ora, le ragioni per cui mi sento un dinosauro:
- c'è gente che sta tutto il giorno collegata, raccoglie piccole commesse una alla volta, scrive, viene pagata e si mantiene pure;
- c'è gente che parla un inglese quasi madre lingua e quindi non avrò mai accesso a quel tipo di mercato;
- quasi tutti sono iperdigitalizzati, lavorano ovunque e usano piattaforme e software che non so neanche pronunciare;
- sembra che i committenti scrivano brief chiari, o per lo meno sono disposti a collaborare.
Ora, le ragioni per cui non mi sono ancora estinto:
- il copywriter vivaddio non scrive solo testi su commissione e quindi non riesco bene a capire quale sia il valore della professione in Usa;
- i testi un tanto al chilo, professionali quanto vuoi, sono poco efficaci - e non so quanto siano studiati quelli con delivery tomorrow;
- la gara al ribasso c'è anche qui, in paleolandia;
- mentre leggi le risposte agli annunci, ti chiedi: ma questi quante cazzo di ore lavorano?
Detto questo, la caverna che abito oggi mostra un bellissimo sole agostano con temperature piacevoli, quindi credo che mi farò un caffè e riprenderò a lavorare senza pensare troppo alla provincia della provincia della provincia dell'Impero.
martedì 20 agosto 2013
Tornati (più o meno)
Mi è capitato già l'altra volta, ma temo che non mi abituerò mai: tutte le volte che torno dalle vacanze a Maratea mi porto un sacco di cose che non ho voglia di raccontare o di scrivere. Sono bellissime, ma sono mie. Un po' quando rivedi le foto della vacanza e ti accorgi che, per quanto bella sia, non rende.
Ecco, il mio sentimento post vacanza è un occhio umano, che funziona mentre funzionano altre cose (odorato, gusto, senso del bello, memoria, tatto dei piedi, etc) e quindi comprende un bel po' di cose, che non è il caso di raccontare. Cosa ne importa ai miei dodici lettori e mezzo, poi.
Per dovere di blog, comunque, e per omaggio a Filo e ai classificari di tutto il mondo, posterò le cinque cose che mi sono piaciute di più (in rigoroso ordine sparso, e un paio sono un po' ovvie).
1. La famiglia: La Normanna e i suoi pomodori, Numero Due che corre sulle macchinine elettriche, Numero Uno che si rompe il labbro e non versa una sola lacrima una;
2. La spiaggia di Marina di Maratea, che insieme ad Acquafredda è stata la destinazione più gettonata (nelle settimane di agosto Macarro e le Nere erano quasi infrequentabili);
3. Nuotare, dato che con quello che mangio sono perfino dimagrito;
4. Le soste e le gite: Perugia e Gubbio, Certosa di Padula e Lago Sirino. Peccato non aver visto Rivello, e mi resta la voglia di farmi un giro sul Pollino.
5. Il cibo e il giardino in compagnia: ecco, qui ci sarebbe tanta roba da dire, ma non ve ne lascio nemmeno un pezzetto.
(in foto, un baule di casa)
martedì 9 luglio 2013
Esotico padano
Lo dico subito: anche io volevo farmi un tatuaggio. L'ho chiesto a un'amica pittrice, era bello, ma non ero del tutto convinto e poi mi è passata la voglia. Però, quando m'era venuta voglia, pensavo: se lo porto addosso per la vita, beh, che almeno sia una cosa bella no? Se no, perché farlo?
Nel fine settimana con Normanna e normannini siamo andati in piscina. Quella che il Normannino numero uno frequenta con il centro estivo. E mi ha impressionato la quantità, ma soprattutto la qualità di tatuaggi bellamente in mostra sulla pelle marrone. Specifico: qualità infima.
Ora, ognuno può fare quello che gli pare, ci mancherebbe, e poi nel ruolo di fustigatore dei costumi proprio non mi ci vedo; però non posso neanche chiudere gli occhi.
Ho visto tatuaggi di una bruttezza inquietante. In posti in cui stanno male.
Come un tribale appuntito e ricurvo sull'interno di una scapola: e chi lo vede? E come fa a piacerti? Ma poi: perché? Un tribale dovrebbe voler dire qualcosa, se lo metti lì per farlo vedere devi tagliarti il retro della camicia lungo la colonna vertebrale. E le ragazze: alcune con la schiena interamente tatuata in un casino assurdo di rose, teschi, pugnali, spine, croci. Cosa vuoi dirmi, ex ragazza trasformata in un vinile dei Sex Pistols, con tutta quella roba? Vorrei sapere se poi ti piace davvero.
Poi c'è il tizio che è ormai sui sessanta. E ne ha cinque, enormi, sulla pelle un poco rilassata, abbronzatura reddevils, ormai quasi completamente stinti. Non si sente un po' stinto anche lui?
Infine, la moda di merda delle frasi. Che fosse una, sai, un versetto del Corano piuttosto che un verso immortale o il nome di cinque fidanzate fa, vabbè, ci sta. Ma un corpo testo a interlinea 12 su mezza schiena, sei righe dico sei in un font gothic orrendo, con una frase di una banalità sconcertante: amica mia, hai visto troppa Megan Fox (in foto) e troppo poca vita.
Ma il tatuaggio non dovrebbe essere una cosa bella, che ti distingue, che ti arricchisce, che comunica qualcosa? Cosa dovrebbe comunicare di me una frase di Shakespeare, di Kalil Gibrain o di Nietsche? Non era meglio una bella maglietta, così, se un giorno non ti piace più, almeno la puoi cambiare?
E poi, che cazzo di fine ha fatto l'hennè?
In foto, il tipico caso di (super)gnocca con il corpo rovinato senza motivo. La scritta, brutta nel carattere e su ben tre righe, prende tutta la spalla. E dice: "We will all laugh at gilded butterflies", citazione da Re Lear di Shakespeare.
giovedì 20 giugno 2013
martedì 18 giugno 2013
Zitto e nuota
(Tre settimane che vado regolarmente, ho perso 4 chili - ma so già che non durerà).
(Non fosse che poi devo mangiarmi almeno due etti di pasta dalla fame che mette).
lunedì 20 maggio 2013
Come cani che lasciano il tag
A parziale precisazione, ecco una lettera molto sensata di un conoscente, indirizzata alla Provincia Pavese.
Ha molto colpito il super-blitz contro i presunti imbrattatori dei muri del nostro centro storico: un centinaio di agenti nelle case alle 6 del mattino, sequestro dei corpi di reato, seriose dichiarazioni del Sindaco, paginoni sul quotidiano. Non credo ci sia stata da anni a Pavia un’ azione così eclatante di controllo e repressione. Eppure siamo una città dove la mafia ha dato fuoco alla casa di un giornalista e alla macchina di un Consigliere Comunale. Una simile operazione forse si è visto ai tempi delle Brigate Rosse, ma per fortuna è storia lontana, e speriamo che lontana resti.
Ne ho parlato con mia figlia, sedicenne, anche perché tra i minorenni presi di mira c’è una sua amica che anch’io conosco. Una ragazza simpatica ed estrosa, brava a scuola e – come si diceva una volta - di “buona famiglia”. E’ una writer. Dipinge, insieme alla sua compagnia, i muri grigi e fatiscenti che sono in varie zone della città ( nelle periferie, nelle aree dismesse, lunghi i muri della Caserma Calchi, nei percorsi del treno, ecc.). Ci vanno di notte, con un “progetto grafico” che poi rinnovano, quando pensano che è venuta l’ora di tornare.
Perché lo fai, le ho chiesto un giorno? “Per rendere più belli e allegri quei muri senza più anima né storia… e poi è divertente perché è proibito“.
Io ho quasi sessant’anni, faccio fatica a capire tante cose dei “ragazzi di oggi”.
Parlando con lei ho però compreso che tra i writers e quelli che lasciano i loro “nomi/marchi” (i tag) ovunque, nel centro storico, c’è una grande differenza e c’è anche un po’ di repulsione. “Noi siamo artisti di strada - mi ha detto – loro sono come i cani che lasciano le pisciate in giro di qua e di là, solo per sentirsi vivi”.
Mi chiedo quindi se il mega-blitz abbia anche una funzione educativa: colpirne 30 per educarne mille? Ho i miei dubbi che sia una pedagogia vincente. Non si “con-vincono” così i ragazzini.
Chi governa la città (che fa schifo veramente, con tutte queste brutture-pisciate, lì da anni, nonostante le promesse elettorali e che resteranno, penso, nonostante il blitz) dovrebbe fare uno sforzo in più, per trovare vere soluzioni. In tante altre città, in Italia ed in Europa, non siamo messi così male. Si vada a capire come fanno.
Il nostro centro storico è davvero molto bello. E’ il lasciato generoso delle generazioni che ci hanno preceduto. Dalle generazioni di oggi dobbiamo chiedere e pretendere di continuare a coltivarne la bellezza. Non penso però che un “messaggio” convincente siano i blitz alle 6 del mattino per sequestrare una bomboletta di colore vermiglio. Signor Sindaco, faccia uno sforzo, pensi a qualcosa di meno eclatante ma di più efficace, educativo e duraturo. La nostra città davvero se lo merita. E i nostri ragazzi pure.
mimmo damiani
giovedì 16 maggio 2013
Oggi faccio il vecchio
Allora oggi faccio il vecchio che si lamenta e cazzia.
Pavia, caso "writers" che poi writers non sono.
Ora: non c'è dubbio che mandare la polizia a casa di ragazzi dai 15 anni in su è un tantino esagerato. E che farebbe piacere a tutti che lo stesso impegno fosse dedicato alle infiltrazioni mafiose e alla prevenzione di furti e rapine, come recita il buon manuale del "sì ma però il governo/il comune/la polizia/l'avversario...".
E non c'è dubbio neanche che l'unica pena possibile sia metterli a lavare e ridipingere.
Non c'è dubbio, d'altra parte, che dell'indagine ci fosse bisogno.
Perché non stiamo parlando di epigoni Basquiat e Pavia non è una città in cui non esistono spazi d'espressione.
(Spazi e tempi di aggregazione, sì, ne abbiamo bisogno come il pane. Ma questa è un'altra storia).
Questa non è arte. Non è graffito, non è street graphic.
Per dirla chiaramente: i tag fanno cagare.
E non hanno manco senso. A meno di non credere che di essere nelle banlieu de L'odio di Kassowitz o negli anni '80 dei Guerrieri della Notte.
Quindi, chiusa la questione con i ragazzi che ridipingono e il Comune che pensa finalmente a dare loro spazi e colori, possiamo andare avanti?
Magari scopriamo che ci sono cose più importanti di cui occuparsi. Per esempio, cercare altre forme di protesta, che possano cambiare le cose. Oppure progettare spazi e occasioni per dare alternative al vandalismo, alla noia da scooter, al trip automatico.
Cose così. Innovative, per dire.
giovedì 14 marzo 2013
Siamo con le pezze al culo e stiamo a discutere il colore della toppa
Voglia di scrivere senza neanche pensarci tanto.
Parlando ieri con Filo di cose che vorremmo fare e cose che dovremmo fare e cose che non possiamo fare, pensavo che ora non sono più in grado di immaginarmi al di là di quest'anno. Pochi mesi, una sacchettata di settimane come quando prendi le noci con la paletta. E non va bene.
Ricordo che l'ultima volta che facevamo piani e progetti era il 2005: doveva ancora nascere il Normannino, avevo un lavoro stabile, facevo opposizione permanente, facevo la spesa al supermercato senza leggere tutti i cartellini delle offerte e guardavo i prezzi delle case. Poi, per quanto ci provassimo e ci proviamo tuttora la Normanna e io, ci è sempre risultato impossibile.
Ora oltre alla mia precarietà - condizione esistenziale e materiale allo stesso tempo: almeno sono coerente - e al fortissimo senso di colpa del non poter provvedere con le mie sole forze a disegnare un progetto per i miei figli, vedo che tutto è egualmente precario: il sistema economico, quello politico, quello istituzionale, perfino quello spirituale. Da lì, una volta, proveniva il buon esempio che i nostri padri usavano come metro delle proprie adempienze e inadempienze.
Ora i buoni esempi sono del tutto scomparsi. Fateci caso: quindici minuti dopo l'elezione del nuovo papa, nome del tutto sorprendente, circolavano già i dossier con i suoi presunti rapporti con Videla. Da giorni girano post che dicono di tutto dei parlamentari M5S appena insediati. Che senso ha. Questo per il nuovo - il vecchio era già così insozzato dalle corruzioni e dall'estenuante triste campagna elettorale, dal cumulo di balle. Siamo veramente sopraffatti, dalle balle, in preda agli effetti del sovradosaggio. Il nuovo diventa sporco e vecchio subito, è una meteora a cui non diamo neanche il tempo di tramontare.
E poi, stringendo un poco la lente: attorno sento e vedo sempre più gente lamentarsi (a volte stucchevolmente) della propria condizione, avanzare lunghe liste di recriminazioni, al Governo o alle banche, a chi non paga le tasse e a chi scrive sui muri, alle multinazionali rapaci e a chi fa cagare il cane sul marciapiede, e capisco che non è solo un vizio comune e diffuso. C'è qualcosa di più.
Una speciale qualità di ringhiosa solitudine che ci impedisce di unirci, affratellarci, lavorare sui noi stessi per limare le asperità della diffidenza. Diffidenza che viene dal fatto di non aver coltivato l'uguaglianza: lui ha di più, quindi pensa diverso, desidera diverso, vive diverso. Ma chi l'ha detto, poi.
Dovremmo reinventarci il rapporto tra vicini di casa. Ricostruire la nostra rete sociale sulla base del tempo che ho a disposizione - tolte le priorità: i bambini, la cena, la casa. Ripensare il mio lavoro: potrei dividere il mio tempo, e anche i miei guadagni, se c'è reciproco vantaggio. Resistere alla tentazione di dare per scontato che tu (tu Governo, tu Europa, tu Chiesa, tu Banca, tu supermercato, tu negoziante, tu ambulante, tu volontario, tu sportellista, tu poliziotto) voglia fottermi.
Però fino a che mi costringi a mettere insieme il pranzo con la cena, finché non ho manco un buon esempio tra le mani, finché non mi entra un po' di verità in questo strabordare di menzogna, dico, non se ne fa niente. Non si va avanti.
sabato 23 febbraio 2013
#votatealsenato #votateinLombardia
Da quello che ho appreso ieri, perché il tutto sia minimamente governabile, occorre cercare di mettere una pezza al Senato. I cripto sondaggi ve li risparmio, e comunque potrebbe accadere di tutto.
Ma il messaggio è questo: se vincerà, come sembra, Bersani, è interesse di tutti andare a votare al Senato per metterlo in condizione di governare. Come sapete, la Lombardia è l'Ohio di Italia quindi ha ancora maggiore importanza.
Quindi: andate e fate andare a votare, votate e fate votare in Lombardia.
Dai.
martedì 19 febbraio 2013
Postilla: comunque aveva ragione Elio Veltri
Da sempre lo dice Elio Veltri: il problema resta quello di dare soggettività, democrazia interna e trasparenza ai partiti. Se no, ha più credibilità uno come Grillo.
Voto Etico in Regione e Sel in parlamento. Per Milano, consiglio Ferruccio Capelli o Giulio Cavalli
Un post ragionato ma spero non troppo lungo, per non prendere troppo tempo
ai miei dodici elettori emmezzo.
Alla Camera e al Senato, la scelta è obbligata tra Pd e Sel. Per me
Rivoluzione Civile non esiste: tanto era interessante il progetto iniziale,
tanto orrendo il suo sviluppo, con l’arrivo di Ingroia e i partitini che si
imbucano alla festa. Che tristezza.
Senza preferenze, chi cavolo dovrei votare?
E ripeto, in Sel ci sono parecchi candidati indipendenti che voterei, in questo
o quel collegio (Laura Boldrini, o Ida Dominjanni, Giorgio Airaudo, etc).
A chi vive a Pavia e non vota Pd/Sel, posso mettere la manina sul fuoco per
Riccardo Puglisi, amico fraterno e bassista, economista e studioso dei media,
che è una vita che è di sinistra ma deve aver visto qualcosa che gli piace in
Scelta Civica per Monti. Non so cosa, eh, io quella roba lì non la voglio nemmeno vedere. Però posso
almeno rendermi utile per chi vuole votare una destra almeno presentabile.
Alle Regionali, voterò Etico a Sinistra, per Umberto Ambrosoli. Mi piace molto il progetto
di Andrea Di Stefano. Ma non darò preferenze.
Per chi di voi vive a Milano, invece, consiglio di scrivere qualche preferenza.
Se votate Pd potete scrivere Ferruccio Capelli, direttore della Casa della
Cultura di Milano, che conosco personalmente e che sto aiutando in campagna
elettorale: serio, leale, colto, tenace, di sinistra. Oppure Luciana Giruzzi.
Se votate Sel, invece, scrivete Giulio Cavalli.
Nel blu lampeggiante di blu
Che anche Numero Due, come pure era accaduto al Normannino, è svenuto in casa, battendo pure la testa, di fronte a sua madre. Convulsioni febbrili. Altra chiamata al 118. Altro giro al Pronto soccorso pediatrico. Altro spavento.
Le sole differenze: Numero Due non è diventato cianotico, non aveva la febbre alta, non si ammala da un anno e mezzo e io non dovevo arrivare in pullman da Famagosta, ma a piedi, correndo su per la salita senza fiato e con la caviglia che ululava.
E non posso neanche lamentarmi troppo, perché la familiarità per convulsioni febbrili è da parte mia.
city mep
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mercoledì 20 giugno 2012
Il milite odioso
Io spero che l'ammiraglio Di Paola, attuale Ministro della Difesa, abbia detto molto altro e che, nel sintetizzarne il pensiero, l'articolista sia andato un po' troppo disinvolto. Perché, se non è così, ha detto delle sonorissime cazzate, da dimissioni con vergogna.
Per cosa, poi? Per replicare alla (semplicistica, è vero, ma egualmente sacrosanta) protesta degli studenti di Pavia fuori dall'Aula Magna, l'ha fatta fuori dal vaso come un La Russa qualsiasi.
Al di là del merito, e dell'occasione, di cui non sono stato testimone quindi non saprei dire, quello che mi sale alla gola è un vero e proprio sbocco di noia e ribrezzo per l'ennesima tirata retorica sulla supposta irriconoscenza di chi protesta verso il grande, temperante, forte e cazzuto Custode delle Italiche Virtù e del Sacro Suolo. Veramente, non ce la faccio più.
Per un momento, ho chiuso gli occhi e immaginato una risposta del tipo: ascolta, uscire dalla Nato non si può, piuttosto avremmo bisogno di un'altra Nato, di molto più Onu. E magari pure di un esercito europeo, oltre che una politica difensiva europea che lo coordini. Alle prossime elezioni, ricordatevene: se votate ancora gente come il Mefisto da operetta che mi ha preceduto, sai che fine facciamo? E poi su - nemmeno a noi piace fare la guerra, lo sapete benissimo. Solo che con le armi, la ricerca a scopo bellico, le commissioni dall'estero si fanno un sacco di soldi: non per noi, non per voi, ma per gli amici degli amici. Quindi, a 'sto giro non si può far niente, ma se in futuro magari le amicizie torniamo a coltivarle al bar, ve lo faccio sapere, vabbene? E dite un po': voi come la vedete?
In foto, il campione dei militi odiosi Emil Luttwak.
lunedì 11 giugno 2012
Mamuska. [Ovvero: come si stava bene col culo sui ciotoli]
(Non si sa bene perché, questo post non è uscito da qui, e l'ho ripescato solo adesso nelle bozze. Eppure)
lun 21 maggio 2012
Il fine settimana è finito, e con dispiacere, perché ce l'eravamo preparato e poi ce lo siamo gustato per bene. Comincia tutto venerdì sera a BambinFestival, spettacolo inaugurale per ragazzi in una piazza fresca e affollatissima. Normannino in prima fila, Normanna e io seduti per terra poco distante, accanto al passeggino di un Numero Due stranamente intimidito e taciturno dietro buffi occhiali da sole.
Lo spettacolo è la fiaba di Mamuska, fata che realizza i desideri dei bambini, o almeno ci prova, con l'amica Pingua la pinguina, in un ghiacciato e magico reame ai confini del mondo. Lo mette in scena il gruppo teatrale In Scena Veritas, protagonista la bravissima Manuela Malaga ed è così piacevole che anche noi adulti l'abbiamo seguito con occhio da pesce e svagatissimo aplomb. In foto, l'introduzione dello spettacolo.
Sabato di nuovo BambinFestival con il gioco libero coi colori al parco ex-darsena (ma che bello che è diventato), con Numero Due che nuota tra i colori per tre ore, mentre il Normannino e io eravamo al bosco Negri a una festa di compleanno con gnomi veri di sei anni e gnomi fantastici in vena di misteri.
Domenica, beh, domenica cartoni.
lun 21 maggio 2012
Il fine settimana è finito, e con dispiacere, perché ce l'eravamo preparato e poi ce lo siamo gustato per bene. Comincia tutto venerdì sera a BambinFestival, spettacolo inaugurale per ragazzi in una piazza fresca e affollatissima. Normannino in prima fila, Normanna e io seduti per terra poco distante, accanto al passeggino di un Numero Due stranamente intimidito e taciturno dietro buffi occhiali da sole.
Lo spettacolo è la fiaba di Mamuska, fata che realizza i desideri dei bambini, o almeno ci prova, con l'amica Pingua la pinguina, in un ghiacciato e magico reame ai confini del mondo. Lo mette in scena il gruppo teatrale In Scena Veritas, protagonista la bravissima Manuela Malaga ed è così piacevole che anche noi adulti l'abbiamo seguito con occhio da pesce e svagatissimo aplomb. In foto, l'introduzione dello spettacolo.
Sabato di nuovo BambinFestival con il gioco libero coi colori al parco ex-darsena (ma che bello che è diventato), con Numero Due che nuota tra i colori per tre ore, mentre il Normannino e io eravamo al bosco Negri a una festa di compleanno con gnomi veri di sei anni e gnomi fantastici in vena di misteri.
Domenica, beh, domenica cartoni.
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