mercoledì 28 ottobre 2009

DONNE (ma niente dududu) / parte 7


Abbasso le quote rosa

Tanto per fare un esempio, le quote rosa: terrificante sintomo di malattia scambiato per rimedio per la buona salute in politica. D’accordo, la pari dignità stabilita per Costituzione non bastava, però il pari numero per legge o per gentleman agreement non ha niente di etico: è lavarsi la coscienza. A pensarci bene, le quote rosa sono lo speculare di un’altra, fenomenale (nel senso di prodotto di un fenomeno) cazzata: la par condicio. In un Paese libero, la par condicio si raggiunge attraverso le comuni dinamiche del conflitto politico e di opinione, non col pari numero certificato a posteriori.
Soluzioni a quanto il sesso politico richiede – intendendo con questo il complesso di temi che vanno dalle pari opportunità nel lavoro, alle leggi sulla violenza a sfondo sessuale, all’aggravante di discriminazione per orientamento sessuale che recentemente ha messo alle corde il PD – verranno invece da una politica familiare (non: familista come quella dell’Udc o elettorale come quella del Pdl) che sostenga la maternità, costruisca asili nido, accresca le possibilità di sostegno al reddito, riconosca le famiglie di fatto e ricomponga le famiglie dei migranti, sperimenti nuove forme di assistenza alle vittime di violenze o soprusi. In una definizione, che si identifichi con la società.
Mi piacerebbe che non ci fossero dubbi su questo. Se il maschio continua a occuparsi poco dei figli, è materia per i sociologi; se la donna nel 2010 non riesce a trovare o a mantenere il posto di lavoro perché le si impone la scelta tra tempo familiare e tempo professionale, se viene pagata meno di un uomo a parità di livello, la materia è per legislatori.
Se una politica seria, di alternativa, potesse proporre questo, sarebbe già qualcosa. Poi toccherebbe alla televisione, far la sua parte. E qui il discorso ridiventa politico. Le frequenze, il mercato pubblicitario, il conflitto di interessi. Alle solite.

(segue)

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