giovedì 24 settembre 2009

Figurine: Claudio Marchisio


Quanto mi piace questo ragazzo. La traversa col Bordeuax in Coppa, da dieci metri e a porta semivuota a pochi minuti dalla fine, è il simbolo di quello che è questo giocatore. Molto più del gol in Campionato. A memoria: arriva dalla destra ed entra in area, un cross gli piove sul destro. Lo sa già che deve calciare al volo, o meglio di controbalzo. Si vede che ci mette tutto l’impegno nel coordinarsi, proprio tutto. Che ha scelto il piattone perché così si va col sicuro. Ma niente, traversa. Il classico gol sbagliato per sfinimento.
E rimane in ginocchio a guardare, con gli occhi strani da bambinone. Come cazzo ho fatto a sbagliare un gol così. Se lo dice da solo.

A me però non viene da pensarlo. Anzi, mi spiace solo perché l’avrebbe meritato, un gol, per il partitone che ha fatto. Sempre su ogni pallone, lanci buoni, l’unico che si sbattesse alla ricerca della tessitura del gioco. Perché, almeno per un tempo, il Bordeaux di Blanc ha giocato alla Manchester, compatto e organizzato, tutto pressing e linee strette, e nessuno pareva capirci gran che. E lui dietro a tutti, ordinato e preciso, a tutto campo. A furia di fare anche il mestiere degli altri, un po’ ti stanchi, anche a quell’età.
Perché ha solo ventitre anni, Marchisio, anche se è già famoso ed è stato pure in nazionale maggiore. Lungo e magro, piuttosto potente, piuttosto elegante: un interditore con vocazione all’impostazione e all’inserimento. Impressionante tatticamente: visione di gioco, chiarezza di idee, buona progressione. Ed è in piena crescita. Se dovesse realizzare il suo potenziale, diventerebbe uno dei migliori al mondo.
Ma io me lo ricordo quando ha esordito, a vent’anni, con la Juve in serie B. Entra e subito ruba palla, attacca, tira, insegue e prende gli avversari: io faccio tanto d’occhi, pareva giocasse lì da tutta una vita. “Buono come il pane” ricordo di aver detto alla Normanna, e per una volta posso anche farmi pat pat sulla spalla da solo.

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