lunedì 15 giugno 2009

Berlusconi, l'Italiano e lo Stato ostile / 6

Una nient'affatto serena e pacata analisi del dopo Elezioni - parte 6


Il Paese Azienda


All’arrivo di Berlusconi in politica, l’Italiano è un tardoadolescente confuso, che ha rotto con la mamma, lasciato la scuola di democrazia ed è in cerca di un surrogato di guida che gli dica come si fa a diventare uomo. La Provvidenza gli appare sotto forma di Mediaset.
Berlusconi capisce che l’Italiano è un consumatore insoddisfatto. Lo blandisce col marchio del non-politico, del non stato. La sua persona diventa il prodotto, e glielo vende come emblema del successo. Assume manodopera e la fornisce di kit elettorali come i kit di vendita degli agenti di commercio. E la campagna elettorale diventa pubblicitaria: occupare ogni spazio, con ogni prodotto, continuativamente.

Il pubblico diventa una parolaccia: è il privato che vince, è la libera competizione il suo nuovo credo, e chi non ci riesce, semplicemente, è un fesso. Il lavoro non è più un diritto. È un dovere. E anzi l’Italiano è grato al padrone perché, in tempi di disoccupazione e sistemi clientelari, chi lo assume gli dà la possibilità di consumare. Il linguaggio di Berlusconi, grezzo e ignorante ma ammantato di visicdo paternalismo, è quello dei ricchi. Butta via la tua storia, ne possiamo fare a meno, dice. E l’Italiano ne rimane affascinato: decisionismo alla Craxi, soldi che spuntano ovunque, e fuori dalle balle quelle suocere di comunisti. Basta con il non si può, il sentirsi inadeguato rispetto a intellettuali, storici, europeisti.
La casa Stato diventa l’Azienda: il governo consiglio d’amministrazione, il parlamento platea di azionisti, la politica mercato, l’informazione marketing. La politica estera è un fatto da piazzisti: non vince chi ha merce migliore, ma chi riesce a venderla. L’Azienda non tollera opposizione, chiaro. Liquida i sindacati come fannulloni, gruppi fanatici, ostacoli al dispiegarsi della produttività. L’azienda se ne infischia della Storia. Conta il presente, conta il futuro.

L’Italiano si sente miracolato: se la casa Stato è ostile, l’Azienda invece è amica, pronta ad arruolarlo, ossia a dargli quel ruolo che aspettava. L’Italiano si sente importante nel suo ruolo di consumatore, perché l’economia gira con lui. Per la verità non vive bene, anzi i soldi sono sempre meno, ma è solo perché è colpa dell’Europa e dell’euro, della crisi, dell’Opposizione. Dello Stato.
Quando in Parlamento si approvano leggi ad personam, non si stupisce: io avrei fatto lo stesso, pensa, e può non vergognarsi. Quando gli si propone di vedere gli immigrati come bersagli, non gli pare vero: sdoganata anche la paura del diverso.
È tanto suadente il linguaggio del partito vincente, e tanto intenso il bombardamento continuo della merce berlusconizzata, che quando si vede chiamato alle urne, ci va volentieri: bisogna fare il tifo nella finale del Campionato Bipolare.
(continua)



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