martedì 21 aprile 2009

Guzzanti, Sabina: vilipendio tour



Pubblico oggi quello che non ho pubblicato –per amnesia e perché pensavo di aver perso il file- lo scorso dicembre.

19/12/2008
Sabina
Dello spettacolo di Sabina Guzzanti m’è rimasto addosso, più che in testa, il finale. Sulle note di un’avvelenata-camuffo che la Nostra canta con una certa malinconia, si vede il bianco e nero di una ragazzetta di 40 anni con i capelli raccolti, il trucco profondo e la maglietta di Frankenstein che, sul ciglio di una strada di campagna, sfoglia cartelli con le parole chiave del testo. Terminata la canzone, la ragazzetta saluta, specchio dell’altra Sabina che saluta dal vivo sul palco.
Non vi parlo ora dello spettacolo, perché sennò vi rovino la sorpresa. Eppoi deve ancora sedimentarsi bene nella mia memoria il ricordo di quanto ho riso e pensato. Diciamo che è meno esplosivo di Raiot: meno legato alla parodia dei politici o dei personaggi pubblici, o meglio qui sono inseriti in un discorso più omogeneo, che segue il filo di una riflessione sul discorso di piazza Navona e lo apre all’osservazione del mondo che è. In Raiot gli sketch erano parentesi, qui a volte li troviamo in mezzo al monologo. Intatta, se non accresciuta, la sua consapevolezza e sicurezza nel portare avanti lo show, con mezzi e linguaggi peraltro diversi: video e canzoni da dj set, soprattutto.
Quello però che mi è corso sotto pelle, ma piuttosto chiaramente, è che in questo spettacolo sia venuta fuori una Guzzanti un po’ scoperta, più autentica ancora, che addirittura lascia trasparire un poco della sua – non saprei bene come altrimenti dirlo - fragilità. Come la ragazzetta 40enne, la donna si fa due ore e mezza di palco e assieme all’indignazione, all’invettiva, alla denuncia civile c’è una nota di malinconia, di emozione grata, di struttura interiore.
Si percepisce che il suo condividere con noi il ruolo di controinformazione, il suo fare satira da vicino, creando l’assurdo senza dimenticare che l’assurdo ce l’abbiamo già in casa, facendo caricatura agli aspetti già di per sé caricaturali della realtà che ci circonda, sono tutte esigenze e bisogni – il risvolto tragico del buffone. Le sue lacrime sono le nostre risa.
Dev’essere questo che mi è piaciuto così tanto.

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