giovedì 15 maggio 2008

Oggetti Smarriti

Inauguro oggi la rubrica sciortstoriez, miniracconti senza pretese senza pretese, semilavorati, per puro gusto di farlo.

Oggetti smarriti

- Boni? Scusa ma c’è una cosa urgente che ti devo chiedere.
La voce all’altro capo era la stessa che pochi minuti prima lo aveva licenziato. Trattenne il ma vaffanculo per sola creanza.
Saverio Boni, classe 1947, era da quarant'anni la voce di Milano Centrale. Il suo superiore, classe 1963, era un neoassunto con la faccia di merda.
- Lo so che non è il momento ma è capitata una cosa… insomma se vieni qui ti spiego.
Andandoci, passò davanti allo Smistamento. C’era stato per poco tempo, come in tutti gli uffici in cui l’avevano piazzato da dieci anni a questa parte, in ogni caso non conosceva più nessuno. Gli fece effetto pensare che la sua voce sarebbe rimasta lì, congelata nel computer, chissà per quanto tempo. Come il suo impiego agli Oggetti Smarriti. Un ufficio fantasma, un relitto alla deriva nel tempo.
In piedi nella saletta dei dirigenti, Faccia di merda sorrideva, anche se un po’ teso.
- Il dottor Merloni, ci ha chiesto di poter fare una cosa. Un po’… diversa, all’antica. E vedrai che neanche tu riuscirai a dirgli di no.
Boni salutò l’ometto dimesso che gli stava di fronte. Piccolo, grigio, nervoso. Dieci anni fa era un grosso dirigente, uno dei peggiori pescicani che girassero in azienda. Adesso: mah.
- Mi vergogno un po' a chiederle questo…- cominciò a dire.
- Ma no, carissimo, ma no – s’intromise Faccia di merda - Sono sicuro che il collega Boni, qui… può accontentarla.
- Ex-collega, attualmente in esubero – fece Boni, con una bella dose di acrimonia.
Merloni guardò il dirigente a bocca aperta, come a dire ma no ma insomma io non lo sapevo, e nell’occhiataccia che gli scoccò scintillava l’antico piglio incazzoso.
Faccia di merda scalpicciava con le suole, inespressivo.
- Cosa devo fare?
- Un annuncio. Un po’ imbarazzante per me, ma… Insomma, gliel’ho scritto qui.
Gli porse il foglio. Boni lesse fino in fondo, guardò l’ometto.
- Perché non lo fa lei?
- No, vede… ci vuole proprio la sua voce. È importante… ecco, è importante che sia lei a farlo. Se vuole, le spiego anche il perché.
- Mi dica.
E quello glielo disse. Quando finì, tra i tre calò il silenzio.
Fu Faccia di merda a romperlo.
- Boni, prendila così: è un bel modo di uscire di scena, no?

Mancavano dieci minuti alla partenza dell’Eurostar Milano-Roma delle 12.09, quando in Stazione Centrale si fece uno strano silenzio, e molte facce si fermarono naso in su, ad ascoltare.
La voce, all’orecchio dei pendolari più anziani, aveva qualcosa di familiare.
Sonia, Sonia tesoro: ti prego, non te ne andare. È con questa voce che te lo chiedo, perché è grazie a questa voce che ti incontrai, per un passaporto smarrito. Amarti, in tutti questi anni, è stato come ritrovare ogni giorno quel giorno - non te l'ho mai detto. Non ti ho mai detto che...”.
Dalla cabina Boni vide tutto. Fu un peccato non poter sentire gli applausi.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

trovo che il corto ti doni assai. baci

Anonimo ha detto...

E' corto ovunque tranne che nel naso. Ma, effettivamente, nella scrittura gli dona assai.
bello, tra i tuoi più belli.

g.

Anonimo ha detto...

Come autopromosso 'esperto' di micronarrazioni devo dire che questa sciortz è proprio bellina.