mercoledì 3 giugno 2009

Febbre a 49,9%

A ze City non sono molto amati i sondaggi, quelli utili: agli zesitiani la statistica non va giù, e neanche tanto perché ci sono tutti quei numeri e c'è da far di conto, e nemmeno che tutto è un per cento che illude – “non c'è un pieno, è tutta una finzione, se fosse almeno un per 98 o 56, per 85, uno ci potrebbe anche pensare, anche se non li conosce proprio tutti uno per uno, ma anche tutti quegli uno, belli interi, ma come si può sapere se sono davvero uno o, che so, quasi uno, uno 0,7 o anche 0,9, perfino 0,99?” (Malversazioni davanti al caminetto, Dottor Divago, celebre filosofo quivi residente, 2009).
No, è che la statistica, ma quella vera, costringe a credere alle cifre. Totem. Tabù. Assoluti dei della carta che canta. Beh, agli zesitiani la canzone della carta da scontrino non piace, e preferiscono, com'è noto, i sondaggi inutili. Almeno puoi fare come con l'oroscopo: non ci credo, ma hai visto mai, quindi mi tengo al corrente. Paraculi che non siamo altro.
Eppure, sciaguratamente, nei giorni di campagna elettorale a ze City c'è un'irragionevole fame di sondaggi. Veri. Succede sempre così, è la sbornia elettorale: mette addosso una tale chimica di cifre in percentuale che al bar sport pare di essere all'Istat. “Siamo sotto il venti, sopra il quaranta, la soglia è trentacinque!”, “Dammi un cinque di coca e un venti di rum”, “Mi presti un dieci per cento di cento euro?”. Qualcuno ha addirittura citato Pagnoncelli. Naturalmente, è stato subito spedito in comunità: ora intreccia canestri con i cordini dei badge rubati in una zingarata collettiva all'ultima festa del PD.
Il fatto è che a noi gli exit poll ci fanno una pippa. Come una filipmorries ultralàit in mano a un ottantenne tabagista. Tiri tiri, non vien su nulla. A ze City si comincia prima, con gli entry poll, ossia si piglia per il bavero chi va a votare e gli si chiede “Ma sei sicuro? Non è che per caso vuoi vincerla, questa elezione?”. La tradizione infatti vuole che si perdano tutte le elezioni, di qualsiasi tipo dimensione e colore. Fosse anche rappresentante di condominio, miss pianerottolo, o lo stipite più formoso dell'anno. Non c'è storia.
Dunque si trepida per i risicatissimi uno per cento che ballano a ogni elezione, ci si spaventa all'eterna presa per il culo che la Lega commina ai suoi elettori, ci si indigna per i forzitaloti ottusi che, lungi dall'estinguersi come la legge darwiniana vorrebbe, si moltiplicano. Ci si perde e ci si ritrova nella certezza inattaccabile che anche quest'anno noi comunisti prenderemo l'ombrello a scatto in posizione da Cipputi.
A meno di una settimana dalle elezioni ci si guarda attoniti nelle mani, frusciando vecchie stampe con i risultati del 2008, del 2006 e anche delle Europee del 2004. Si ciarla di improbabili sortite di questo o di quel candidato. Si trema al pensiero del fottuto 49,9% al primo turno, per ore gli si fissano i decimali manco fossero le sopracciglia di dio - che metti che qualche imbecille s'è sbagliato di riga e va tutto in vacca, condannati senza manco l'appello del ballottaggio.
Come una febbre, che da bambini ci faceva crescere più alti ma mai adulti, la notte elettorale ci aspetta dietro una domenica di mare, e ci attira nel gorgo chiffon dei salotti televisivi (occazzo, quest'anno non c'è neanche Mentana, mi sa che mi tocca La7).
Ci incazzeremo come bestie, dopo. Ma almeno la sbornia sarà passata, e potremo continuare a ragionare di libri, canzoni, birre e piattate di vongole col vermentino. Roba seria, mica percentuali.

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