venerdì 15 maggio 2009

THE ZESITIAN CANDIDATE: LE OFFICINE PAVESI

Nuovo articolo per il blog Insieme per Pavia.

LAVORO AI LAVORATORI DELL’ARSENALE: LE OFFICINE PAVESI
di Armando Barone

Chiaro, “Officine Pavesi” è un nome di fantasia: ma nessuno mi ha ancora spiegato perché non si può fare, e allora rincaro la dose.
Nessuno finora è riuscito a persuadermi che non si possa reimpiegare l’enorme capitale di conoscenze, braccia e macchine in commesse pubbliche, assicurando un enorme risparmio alle amministrazioni coinvolte. Elettricisti, falegnami, meccanici, muratori che fanno e hanno fatto di tutto, dal riparare gli autoblindo alle cucine e alle tende da campo. Una volta, mi dicono, c’era anche una piccola tipografia.
E neanche mi voglio rassegnare: non mi riesce di credere che per i 200 lavoratori dell’Arsenale tutto sia già deciso e scritto. In proprio, o pendolare.

L’idea in sé è semplice: una officina multifunzione, che non solo offra impiego a questi lavoratori ma che possa anche re-intraprendere l’istituto della formazione tecnica – utilissima per l’avviamento professionale per i neodiplomati, il reinserimento e la riqualificazione di detenuti, disoccupati, migranti.
L’impresa potrebbe partire con le commesse del pubblico: Comune e Provincia. Quanto si risparmierebbe affidando a questa impresa la manutenzione di edifici e mezzi pubblici, scuole, ospedali, case popolari? Quanto, formando il personale all’uso dei pannelli fotovoltaici, alle motorizzazioni a gpl o metano, alle tecniche di edilizia sostenibile?
Fare sistema è anche questo: al fronte del sapere universitario e di ricerca dovrebbe corrispondere un secondo fronte, in area tecnica, per sostenere l’orizzonte di sviluppo della città.

Oltre a salvaguardare dei posti di lavoro e a far risparmiare la Pubblica Amministrazione, si aprirebbero prospettive imprenditoriali serie: una officina di questo tipo potrebbe attirare anche le commesse private e competere sul mercato. Dipende naturalmente da quale assetto gestionale dare a un’impresa del genere. Dipende dalla volontà e capacità di autorganizzazione dei lavoratori. Dipende anche e forse più di tutto dall’intraprendenza della futura amministrazione.

Che ne dite: possiamo parlarne?

NB. Mi piacerebbe leggere il commento di qualche lavoratore dell’Arsenale, sapere se l’idea attira, se qualcuno di loro ha già pensato qualcosa del genere.

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