giovedì 14 maggio 2009

È solo una brutta mattina, Charlie Brown


Questa mattina mi sento Charlie Brown. E non solo per i pochi capelli che mi sono rimasti.
Portato il Normannino al nido in netto ritardo, arrivo solo un minuto prima della partenza del solito pullman, alle 8.19. Lo vedo partire. Di solito parte un paio di minuti in ritardo, pazienza. Corro, mi sbraccio, lo affianco nel momento in cui deve uscire dalla stazione dei pullman. Niente. Vabbè, capita.
Per fortuna c’è l’8.30. Che arriva alle 8.40. E sta fermo 10 minuti a Binasco perché un controllore stronzo controlla biglietti e abbonamenti trattando come pezze da piedi pericolose settantenni armate di sportine di plastica e un peruviano dall’aria smarrita. Pazienza.
Arriviamo a Famagosta, e non so a voi, ma a me in pullman hanno insegnato una semplice regola: di solito si fa scendere chi è seduto più vicino all’uscita, e generalmente si lasciano passare le donne e le persone anziane. Dalla mia seconda fila, in piedi con la testa incastrata sotto il vano portabagagli, attendo che passi una signora. Due tizi si imbucano, borsonando sia me che i passanti, e poi ci sono ragazze e signore.
Massì esco per ultimo che mica è un problema.
In metro un cravattato nevrotico, arrivato per ultimo, spintona me e la ragazza di fianco per salire per primo su una carrozza semivuota. Prende posto sfilando davanti ad alcune signore che rimangono in piedi.
Quando scendo una tizia mi calcia il tallone (il sinistro, dove ho un taglio) con il tacco, pur di passarmi davanti e prendere la scala mobile per prima. Peraltro, poi si ferma a sinistra, e a nulla serve chiedere permesso.
In via Vigevano ci sono i lavori, si passa uno per volta. Un negoziante sulla sessantina sta aprendo. Un suo amico pari età lo chiama e si ferma a parlargli. Chiedo permesso. Due, tre volte. Alla quarta gli tocco la spalla e gli faccio vedere che dietro di me ci sono già cinque persone ferme, e dietro di lui otto o nove.
Se la prende, e si scosta bonfochiando.
Sto zitto.
Arrivo in azienda sano e salvo, e senza aver fanculato nessuno, solo per merito del caro vecchio buon Carletto Schultz, che fece dire a Snoopy, stupito perché Lucy Van Pelt correva gridando Mi ha baciato! Che schifo! Un cane mi ha baciato!: “La prossima volta le morderò una gamba”.

(Leo: temo che la vendetta per tutto questo sia piadina per i tuoi denti)

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