venerdì 24 aprile 2009

Labbanda! [LOWLANDS LIVE AT SPAZIOMUSICA]

eddie abbiati e simone fratti

Ma che bello era, il concerto dei Lowlands, venerdì scorso a SpazioMusica. Avevo sentito il disco, aspettavo di sentirmelo passare dentro, come è sempre stato negli anni che andavo ai concerti praticamente tre sere a settimana. Puoi sentirti tutti i dischi che vuoi, ma dal vivo c’è qualcuno che te li racconta e te li mette in scena. Ti ipnotizzano le mani sulla chitarra, le facce dei musicisti che si intendono a smorfie e ridono, la concentrazione estatica dell’assolo, il basso che ti sussulta in petto, l’applauso che nasce e muore a trequarti di canzone, perché non ce la fai a tenerti.
E poi il suono pastoso e ruvido di Spazio.
E con queste aspettative, alle 10.25 io e la mia birra ci siamo seduti sul pavimento ad aspettare. Passa il duo di supporto, Ses Cordas, e comincio a divertirmi. Mi guardo anche intorno: oh cazzo non conosco più nessuno. E pazienza. Scambio qualche battuta con Eddie che è teso e si vede lontano un miglio che l’attesa del palco se lo sta mangiando da dentro. Conosco la sensazione e no, non se ne va mai via. Ogni volta è lo stesso. Coraggiosamente, fa pubbliche relazioni con la faccia di quello che preferirebbe mettere una mano sulla piastra e sbocconcellarla tra due fette di pane.
Compare l’ineffabile Daniela.
Poi le presentazioni e la chiamata al dovere (il concerto è per il CSV di Pavia – per l’Abruzzo). Poi arrivano gli amici. E infine si parte.


roberto diana

Per me è apnea. Sono sempre stato un cattivo recensore, perché quando c’è un concerto mi trasformo in avatar di me stesso, e perdo la nozione del tempo. Fluttuo e ballonzolo, canticchio e urlacchio: un imbecille seduto a mezzo metro dal palco. Nei rari momenti di lucidità, però, realizzo alcune cose, che mi fanno sgranare gli occhi come un bambino.
Prima di tutto, Eddie sul palco ha una gran presenza: orso fino al quarto pezzo, poi qualche battuta, poi la raffica di dediche e alla fine è addirittura in piedi su una cassa. Poi, cazzo quanto suonano bene. In between e That’s me on the page riescono ottime – c’è sempre un momento di un concerto in cui si realizza perfettamente l’intesa tra suoni, strumenti e strumentisti, qui è proprio evidente. Trascinano Ghosts in this Town e In the end. Ma la mia sorpresa è tutta nei brani nuovi. Eddie e labbanda aprono con il prossimo EP, in uscita a luglio, due brani notevoli. E poi infilano due gran pezzi come Gipsy Child e Without a sigh, anteprima di ciò che sarà il prossimo album. Rimango un poco stordito dal piacere di essere messo a parte del lavoro che stanno facendo: un nuovo sound, un poco più duro, pieno, giocato sugli equilibri tra il basso (Simone Fratti) e la coppia violino e chitarra solista (Chiara Giacobbe e Roberto Diana), sul tappeto assai convincente di piano e chitarra (Stefano Brandinali e Stefano Speroni). La batteria (Phil Ariens) è un po’ troppo presente e impastata (‘pestare’ a Spazio è sempre stato un problema: sound check a parte, è un ambiente piccolo con un’acustica limitata) ma efficace. E la voce di Eddie è –come dire – più convinta, consapevole. È in quella (lunga, lunghissima) fase durante la quale si diventa interpreti.

chiara giacobbe

Per essere un lavoro in corso, cazzo se è buono. Per quello che ho sentito, potete già prenotare il CD.
E poi, qualche chicca, tra cui i Waterboys di When we will be married (da Fisherman’s blues, che è uno dei miei dischi preferiti di sempre) in una curiosa e divertente versione rocker. Pezzi acustici nuovi e ancora in fase di affinamento, ma già strutturati.
E poi ancora istantanee: Debbie (moglie di Eddie) in piedi su un lato che sorride e tiene il tempo. Alzarsi e scoprire che il locale è strapieno. Una pacca sulla camicia coi buchi di Eddie, sfinito ma credo soddisfatto, col pensiero che la babysitter va via tra meno di un’ora.
Seratona, insomma. E anche se non poteva essere altrimenti, perché le premesse c’erano tutte, me ne sono tornato a casa con una sensazione strana addosso.
Avrei svegliato Normanna e Normannino per raccontare loro tutto il concerto. O avrei bevuto un’altra birra, a casa,da solo sul balcone. O forse sarei stato ancora un poco a curiosare tra la gente del locale, tra le facce rosse e gli occhi accesi. Non so.
Mettiamola così: c’è della bella gente in giro, stasera.

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