venerdì 12 dicembre 2008

Lo Ze e il bestiario di Pinketts

Il lungo e infreddolito racconto della serata di ieri. ndZ

Per chi viene dalla provincia col complesso di non sapere cos’è, e se è per questo manco cos’è stata la vida milanesa, le trottoir è un bestiario medievale.
Pessima la prima impressione, locale vuoto musica alta e aperitivo stinfio, con l’aggravante di essere quello che, arrivato in anticipo per fare tutto con calma, fa tappezzeria tempo che si inizia, e ben oltre il quarto d’ora accademico implicito in ogni presentazione di libri, conferenza, inaugurazione. Si è iniziato alle 21.40, con il Vostro sorridente fuori e smadonnante dentro (ecchecazzo facevo in tempo a farmi una pizza con calma, altro che apertitivo stinfio).
In compenso difficile annoiarsi: c’era da tenersi impegnati, e piacevolmente, con le creature che popolavano l’ambiente.
Occorre dire che le trottoir è uno di quei posti ostentatamente popolari, come solo a Milano si sa ostentare, tra la nostalgia del bel tempo che fu, il ripariamoci che uh come è brutto il mondo di fuori e i sopravvissuti alla scadenza dell’eterna giovinezza anni ’60. Se come me hai la puzza sotto il naso del provinciale snob, quel tipo di puzza che non vorresti avere ma che t’impregna la pelle come i vestiti in tratttoria, viene da andarsene prima che ti abbiano visto in troppi. E allo stesso tempo ti senti quasi in colpa per non conoscerne la sacra storia profana, e anche per aver letto nulla di Andrea G. Pinketts che, ostentatamente come solo a Milano si può ostentare, scrive rigorosamente a penna nella saletta superiore a lui dedicata e dispensa urlacci da amico burbero ed eccentrico – all’amicizia di lunga data tutto si permette.
C’era la proprietaria franscese che scriveva per Dalida, c’erano i belli e disinvolti col gruppo della bottiglia di vino, c’erano le amiche sole con facce da amori dannati, c’era un’incongruente coppia da stereotipo (lui imprenditore in gessatino e testa bianca alla Della Valle, lei giovane forse ex modella finto dark e scollatura televisiva), c’erano gli immancabili amici dell’Andreagì, c’era la di lui amica pittrice di icone. C’era persino della gente normale, con cui scambi qualche battuta sullo scrivere e che ti fa domande vere, mica di circostanza. C’era anche Demetrio, un po’ sperso come me e come sempre concentratissimo sul libro, sul progetto, sulla Rete. Lui è uno che ci crede, e fa bene saperlo.
Ma tutto, tutto qui, gronda Milano dai pori. La stessa voglia di dire senza dirlo: qualsiasi posto è il mio posto. Tutta gente che si sente disperatamente a suo agio.
E poi c’è Pinketts a cui porto i saluti di virginie? e che mi sta subito sgradevolmente simpatico: il vocione e la cadenza finta mala milanese sono quasi inascoltabili, ma lo sguardo è franco e onesto, lealmente impegnato a fare il Pinketts perché in fondo il personaggio gli somiglia – e, a quanto ho potuto vedere, è addirittura autentica, questa cosa.
Poi, la presentazione: la voce di Roberto Rasia riempie l’evento, anzi lo costruisce. Senza di lui e senza Pinketts sembreremmo tutti dilettanti allo sbaraglio. C’è Pinketts che impegna quasi serio la platea sui contenuti, e ogni tanto ritorna personaggio per qualche battuta. Ma l’impressione che ne ricavo è che li ha letti davvero, e forse qualcuno gli è davvero piaciuto. Ancora: c’è del leale, del trasparente nel modo con cui si conduce questa serata. Piano piano il Vostro scarica un po’ di snobismo e comincia ad apprezzare davvero.
Poi però arriva il momento di prendere il microfono e torna come ogni volta l’idea che non c'è niente da fare: vorresti solo dire le cose che son da dire e magari non metterti da solo la maschera del nerd con lo scotch sugli occhiali, ma quel che ne esce è sempre il vecchio tardoadolescente arrogante di quando facevi le presentazioni per Inchiostro. Mah.
Quando te ne esci sei pure contento, ma sono le undici (maledetti milanesi, che non sanno cos’è fare il pendolare), fa un freddo che scambia le consonanti al telefonino e devi ancora fare benzina.
Bella serata, però mi sa che è meglio nuotarci, nell’acquario. Mica si può sempre e solo guardare.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Bello, al punto che avrei voluto esserci anch'io che, a suo tempo, ci sguazzavo da dio in quest'acquario. Lo confesso: e' il mio acquario, un tipico acquario milanese per uomini pesce e donne sirene nati nei Sessanta. Pinketts, che e' l'unico personaggio dei fumetti che abbia incontrato nella vita vera, e' come sembra: piu' irreale che surreale. Quello che tu chiami acquario per lui e' un mare e una delle sue piu' belle pagine inizia proprio cosi': "A Milano, di notte, c'e' il mare". E mo' la pianto che ho appena scoperto che pure Milano puo' provocare saudade

Lo ha detto...

Mi spiace, avrei voluto esserci ma non ce l'ho fatta. Sono rimasta senza auto e senza passaggi da strappare. Peccato perché avrei volentieri preso un aperitivo stinfio con te, visto che è un po' che non ci si vede. Pinketts l'ho visto una sola volta, ed era ubriaco, e una sola volta sono stata a Le Trottoir. Non ho letto niente di lui. Forse non leggerò mai niente, ma chi può dirlo. Sentiamoci, magari. ciao, Lo. ps. e se organizzassimo una presentazione a Lodi, a Pavia o a Piacenza?

zesitian ha detto...

è in progetto una presentazione a Pavia. se ho novità, ti aggiorno. grazie...