mercoledì 4 giugno 2008

Gomorra - di Matteo Garrone


Prima il giudizio: cazzo che bel film che ha fatto Garrone. Alcuni commenti che mi hanno riferito: sì, ma se non hai letto il libro non si capisce chi sono quelle persone, cosa c’è dietro; sì, ma è un po’ un documentario. In più, c’era il fatto che Gomorra fa notizia, che è stato a Cannes e che ha vinto un premio prestigioso, per cui occorre sempre mettere in preventivo aspettative e clamori di stampa. Bien, ho cercato di non farmi influenzare. Tanto più che non ho ancora fatto a tempo a leggere il libro.
Ramazzo il campo per liberarlo dai commenti altrui: per comprendere ciò che accade non serve aver letto il libro. Andare oltre avrebbe significato fare un documentario. E no, non è un documentario, perché racconta storie senza denunciare nulla. E Cannes lo ha premiato proprio per questo. Adesso spiego perché mi viene da dire così.
Il film è una narrazione di quattro storie che si rincorrono e si accavallano in un luogo che è reale e al tempo stesso simbolico. Fin dalle prime inquadrature capisci che i caseggiati della periferia dove spadroneggia la gente di camorra sono una realtà extraterritoriale (è anche l’effetto dei sottotitoli per comprendere i dialoghi, in dialetto campano), una zona di confine (sorvegliato e sottratto al controllo delle guardie), un campo di battaglia (la guerra tra clan). Nell’atmosfera asfittica di miseria e ostentazione, coca pistole banconote e catenazze d’oro, ci sono panni stesi e borse della spesa, videopoker e caffè alla napoletana, matrimoni gioiosi e cruenti ammazzatine. Un microcosmo che non solo sai che esiste, e proprio lì dove ci ha detto Saviano, ma che –per come è raccontato, ed è questo il miglior pregio del film- può esistere in ogni luogo. Le quattro storie sono storie di vita di quel microcosmo, da cui emergono le vicende di alcuni personaggi. Scelti per essere rappresentativi di quella realtà, certo, ma quello che ti rimane addosso è il fatto di scoprire, con una punta di panico, che non sono poi tanto diverse, straordinarie, extraterritoriali.
Insomma non riesci a dire: non mi riguarda. Sono vite umane, quelle. Immerse in un contesto che non è e non può essere il tuo, ma che finalmente (sottolineo: finalmente) si lascia penetrare dal nostro sguardo - primo passo per arrivare a comprendere.
Il film non serve a denunciare o svelare: stupisce perché la mano del regista (felicissima anche tecnicamente) è talmente trasparente, nel guidare il film e gli attori verso il finale, che basta semplicemente guardarci attraverso. E quello che vediamo è vita vissuta, reale, che si racconta in qualche modo da sé. Quello che viene chiesto è di osservarla nella sua realtà, e niente altro.

1 commento:

Anonimo ha detto...

ciao ze, non ho letto il post perché non ho ancora visto il film e non leggo mai critiche e recensioni prima. viceversa ho letto il libro e l'ho trovato fenomenale. bah, che commento inutile. baci