giovedì 29 maggio 2008

Siamo seduti su una bomba a orologeria. [E non possiamo evitare che ci esploda in culo]

Premessa: tra il 2020 e il 2030 avrò tra i 46 e i 56 anni. Mio figlio tra i 14 e 24. Io sarò quindi nella tarda maturità lavorativa, mentre il Normannino –presumibilmente- al suo ingresso, se non proprio sulla soglia. Questo per considerare il mio stato d’animo nel leggere questo articolo, pubblicato domenica scorsa da Il Manifesto. Se non trovate più l'articolo, allora leggetelo su megachip.info, ossia qui.

Leggetelo.
Perché a fare le solite previsioni catastrofiste, questa volta, non è il solo scienziato che le espone. Ma un ultratrentennale percorso di ricerca scientifica internazionale sulla materia. Che le ha quasi sempre azzeccate.
Dopo che avrete letto, poniamoci tutti qualche domanda: che cosa succederebbe se una mattina sui giornali e in tv e in radio ci dicessero che la prossima crisi sistemica sarà tra poco più di dieci anni, che sarà molto peggio di quella del 1929, e che per giunta era stata prevista nel 1972? Niente? Forse.
Forse non daremo grande peso all’annuncio, neanche a reti globali unificate. Almeno fino a quando non ci sarà più benzina, se non per le auto dei militari, dei poliziotti, dei ricchi sfondati. Non ci sarà abbastanza energia non solo per caricare i telefonini di tutto il mondo, ma neanche per tirare fuori dalla falda l’acqua da bere o produrre alimenti o scaldare le nostre case. I nostri soldi ben custoditi in banca verranno bruciati in pochi secondi. Perché qui non si parla di riscaldamento globale. Si parla chiaramente e scientificamente di petrolio, e del nucleare, e di una crisi non più in potenza, ma già in atto. Una crisi che non si può evitare. I cui effetti investiranno prima e più violentemente le fasce più esposte. E poi tutti.
Naturalmente, per un sacco di gente, i concetti di rivoluzione, redistribuzione del reddito, pianificazione, sostenibilità ambientale sono anticaglia comunista che sa solo di muffa, o roba da cazzoni noglobal spaccavetrine.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

caro il mio signor cipolla, non le permetto assolutamente di inserirmi nella "tarda maturità lavorativa". ma che? scherzi? ho compiuto 46 anni lo scorso primo maggio e mi sento un drago (in effetti, no, baro, sono solo una tigre). a parte questo elemento, sul quale, confesso, mi sono soffermata indignata almeno 20 secondi, il resto "fout la trouille" come direbbero da queste parti. la sensazione che non ci sia proprio niente da fare (cioè, sì, almeno per poter sperare, bisogna piantarla di parlare di crescita e cominciare a decrescere, ora e subito, santificare serge latouche - santo subito, innestare la retromarcia rapida etc. etc. temo non accadrà) mi ha preso alla gola da un pezzo. mi domando se io arriverò alla "vecchiaia lavorativa", se le mie nipoti (gli esseri più vicini alla perfezione dell'intero universo) camperanno fino a 70/80 anni, se il mondo finirà prima, quasi subito, quasi domani. ribadisco: secondo me c'è chi si prepara a emigrare in qualche fottuta stazione spaziale. spero che crepi di nostalgia. una nostalgia lenta, dolorosa, inumana.

zesitian ha detto...

eh eh eh. sapevo ti saresti indignata. ma ai tuoi 46 non credo "nè punto nè poco". l'età anagrafica non ti si addice, ma cherie, e non è una galanteria. il mio cenno riguardava il computo delle statistiche. non so cosa sarà dei giornalisti, ma riciclare un copy di 46 anni è veramente dura. meglio smaltirlo.
naturalmente, per allora, avrò scritto il romanzo.
così mi dico.