lunedì 21 gennaio 2008

e-Zonta

Lo Zontovic mi ha scritto per e-mail. Sta bene, anche se lamenta poca confidenza con l’alzarsi presto e la rinuncia alla pennica – è l’unica persona che conosco che è riuscito a mantenere i ritmi da studente anche al lavoro – e preannuncia l’inizio di un mese di esercizi spirituali in totale silenzio. Felice, come sempre, che alla tavola non manchi mai il vino e il proprio sano appetito. A questo punto, ripubblico qui il post che avevo scritto a dicembre.

[18/12/2007] Scelte
Lo Zontovic mi va tra i Gesuiti. E ce lo dice via e-mail: di qui a poco parto per il noviziato, destinazione Genova, torno tra un cinque-sei mesi, vediamoci per una birra.
La birra tre settimane fa. C’era stato il tempo per metabolizzare la notizia e poi dell’altro tempo per farsi raccontare cosa è successo –anzi cosa succederà.
Due anni, poi i voti, poi padre Claudio andrà avanti. E nel frattempo sarà in servizio permanente ed effettivo. Lui. Sempre stato ragazzo di fede, e anche un quasi comunista.
Oggi ci penso e mi torna in mente. E mi manca.
È strano: forse sapere che non è qui in giro in bici o al Borromeo a impilar libri, che non si può telefonargli, che non puoi mandargli una e-mail… me lo fa sentire più lontano.
Claudio, oltre ad avere un DNA che lo qualifica nei primi dieci Uomini più Buoni del Pianeta, è una di quelle persone che c’è sempre anche se non lo senti mai. Anche perché basta andare in centro e prima o poi lo incontri che sfreccia in bici, ed è sempre esattamente come se vi foste salutati cinque minuti fa.
Di qui i sensi di colpa: ma che diavolo, come ho fatto a non accorgermi che stava maturando una scelta di vita così drastica, definitiva, che somiglia a una fuga. E l’immagine di uno Zontovic che suona il liuto con saio e tonsura francamente era troppo.
Questi e altri pensieri li ha fugati lui stesso durante quella serata: i Gesuiti sono i fricchettoni della Chiesa, sapete, no niente saio, molta azione di strada (case accoglienza e assistenza), poco conformisti e severi pauperisti. E poi che diavolo vuol dire fuggire: anzi, è un immersione nella società. E volendo ci sono le missioni. E comunque mica è una malattia: è una scelta, e non ha niente di più drastico di altre decisioni come la mia, sposarsi e avere un figlio.
Cacchio, quanto è vero. Quanto sono sciocco e prevenuto. Quanto sono stato superficiale. È che non sono abituato a considerare questa chiesa come possibile scelta. Troppo distante, arci potente, nemica di tutto ciò che non è se stessa, imbastardita dalla volontà di rivaleggiare nel comando. Certo, ci sono gli esempi dei preti veri, quelli che si spezzano la schiena e rischiano la vita nelle periferie e nelle missioni. Ma quelli sono uomini veri, che abbiano la veste o meno è un accidente della loro educazione. O forse no. Forse hanno capito qualcosa che io non ho capito. O hanno avuto la pazienza di decifrare un linguaggio di cui capisco poco, e sempre meno col tempo che passa.

1 commento:

Lo ha detto...

A proposito di mangiare e bere... confermo che dai gesuiti non mancano mai ottimi e abbondanti pasti e del buon vinello... che magnate!