martedì 5 agosto 2014

Ha ragione l'Ottolina


Pensiero a margine della lettura di Una commedia italiana di Piersandro Pallavicini, romanzo di cui si è scritto già molto bene (e di cui non scriverò perché non aggiungerebbe nulla al piacere di scoprirlo).
Insomma, a un certo punto c'è l'incomparabile Ottolina (memoria della cartoleria pavese? chissà), amica della protagonista e voce narrante Carla Pampaloni, che da ragazza, in preda a trance musicofila o da sostanze psicotrope, è in prima fila al Marquee Club di Londra e riesce addirittura a dettare a Fish, leader dei Marillion, la scaletta dei pezzi, ricevendone alla fine perfino un bacio in fronte.
Beh, allora qui dissento dalla Carla, che bolla i Marillion di Script for a jester's tear come new prog epigone dei Genesis. Mh-no, dai, troppo facile: già è odiosa l'etichetta di new progressive, e poi si è mitizzata un po' troppo la 'figliolanza' di Fish rispetto a Peter Gabriel. Per carità: l'orso scozzese ha copiato all'arcangelo Pietro Gabriele sia le maschere sia lo stile in falsetto, però la musica dei Marillion è veramente troppo anni Ottanta per essere solo 'epigone'. Un po' di originalità a Derek (vero nome di Fish) la lascerei.
Ieri facendo le pulizie mi sono immerso in Script e ragionavo quanto di anni Ottanta c'è in quel disco: la chitarra tamarra (ma dal suono pulitissimo) di Steve Rothery, le tastiere onnipresenti, i testi così intimi e adolescenziali, le copertine (iiiih!)... e poi se senti pezzi come Forgotten Sons - il pezzo impegnato, di denuncia contro la guerra - non puoi non pensare che, sì, epigoni quanto vuoi ma questo resta un gran pezzo, in un grande album.
Per questo dico che invece ha ragione l'Ottolina a sciogliersi come un gelato e alla fine farsi pure baciare in fronte, lei così bruttina e ha ragione Piersandro a immaginare Fish così dannatamente Fish: col cuore vicino ai brutti, ai rifiutati, ai malati d'amore, a quelli che si chiamavano sfigati, senza cattiveria e senza tentazioni di definirli nerd.

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