martedì 14 febbraio 2012

Con quante g si scrive "i gggiovani"?


Sembriamo tutti dei loghi di google. Sai quanto ti la fila di o si alluga ma i risultati sono sempre uguali e sempre meno coerenti? Ecco, questo è quello che si prova quando si fanno i discorsi sui "i gggiovani". Che nessuno conosce. Nessuno vede. Neanche io, e nemmeno loro.
Perché non esiste più un 'noi', da così tanto tempo che ne abbiamo perso la memoria. Nessun 'noi' a cui non è necessario iscriversi o dare l'amicizia. Sparisce con questi anni di disgregazione sociale qualsiasi nozione di categoria: "I trentenni d'oggi" è un'espressione buona per i film di Muccino, non certo per inquadrare i fenomeni sociali. La riprova è, dopo la cazzata di Monti, l'ennesimo cliché detto da un ministro che non è un politico e forse non ha nemmeno detto proprio quello, ma che risulta agli occhi dei più, comunque, un classista.
E allora ecco che i giovani-tipo sono tanti, tantissimi. Infiniti. Alcuni li descrive Ilvo Diamanti, altri Servizio Pubblico, altri - da soli - finiscono sulle pagine dei giornali per essere gay, per appartenere ai centri sociali, o per aver partecipato ai talent. Ma nessuno può raccontarli, o anche semplicemente riconoscerli indicandoli a dito. Chi è giovane, se non hai un vecchio a cui riferirti?
E la domanda successiva: chi o cosa è vecchio? Una volta era chi rappresentava un esempio, buono o cattivo che fosse: un maestro, un saggio, un modello. E possedeva educazione, idee, quel metro del mondo che non ci rendeva orfani di una guida.
Ora, qual è il modello? Dove sono le idee? Ci interessano ancora?
Tanto per buttarla in politica, secondo me è questo di cui devono ragionare quelli del PD che, ogni volta che qualcuno ha delle idee e li mette all'angolo, gridano al tradimento. Quelli che si scandalizzano per le vetrine rotte ogni volta che c'è una manifestazione. Quelli che organizzano Sanremo e ammettono candidamente che volevano invitare Stevie Wonder. Quelli che non se la prendono tanto con Giovanardi perché è cattolico e dopo tutto era ministro. Quelli che parlano di calcio. Quelli che parlano della crisi dello sport italiano. Quelli che parlano di scuola. Eccetera.

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