mercoledì 10 agosto 2011

Di cosa stiamo parlando


Di cosa stiamo parlando, di questa estate, dimmi. Se ci auguriamo l'un l'altro buone ferie è per sentircela un po' addosso, no?
L'estate è già finita e io ho appena cominciato a respirare aria che non sappia di disinfettante e vitamina, lenzuola e linoleum. Arriverà il momento in cui i polmoni torneranno ad aprirsi, ma non è questo. Deve ancora esserci altro, non possiamo fermarci, dobbiamo superarci: prima che il petto torni a sollevarsi devo sciogliere questa vita costipata dall'ansia, se lo faccio adesso mi viene da tossire come quando fumavo, è una vita intossicata.
Felice, non è in questione. Sono felice da quando sono padre e non smetterò di esserlo. Preoccupato, mi chiedi, naturalmente lo sono, è una vita preoccupata questa.
Non è solo il lavoro e la paura di non farcela, non è solo il temere per i nostri cari, è anche un po' la scomparsa del nostro tempo presente, l'impossibile coniugazione delle nostre vite al futuro.
Come a teatro per il troppo fumo dalla macchina per il fumo, siamo costretti a pensare con il fazzoletto, strizzando gli occhi che lacrimano, a cosa dovrò pagare domani e se ce la farò, agli amici senza paga e senza lavoro, alle centinaia migliaia di morti ammazzati o ancora vivi in rivolta, traditi dal Paese che avrebbero amato fino alla morte, alla morte del concetto di appartenenza, alla logica conseguenza, alla responsabilità.
Al fatto che se tutto ci riguarda o se tutto ci è indifferente, restiamo comunque schiacciati dal pensiero e allora: allargo il petto e lascio respirare la mente sono quando non mi vedo.
Eppure il mio futuro c'è, lo so io, lo sai anche tu, lo porto a scuola tutte le mattine. Ma credo di aver dimenticato come si fa a sentire il respiro degli altri. Quell'aria che ti sfiora come un saluto quando li incontri, conosciuti e sconosciuti. Il rispetto, la considerazione. Ci dev'essere ancora, forse ho disimparato a sentirlo. Così importante, perché è diventato così importante? Perché non posso più farne a meno? Perché ho spesso l'impressione che tutto sia ostile, paludoso, nebuloso, faticoso, ai limiti dell'impossibile? C'è una via di fuga?

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