martedì 26 gennaio 2010

(Per Andrea Scanzi) Pane e tempesta

In risposta ad Andrea Scanzi, qui.

Caro Andrea, che triste e malriuscito questo Pane e tempesta. Premesso che di Benni leggerei (e leggerò) anche il retro degli shampoo, l'ultimo è decisamente deludente. Hai scritto che qui il Bar Sport chiude, che è un congedo e un amarcord. Io sarò un poco più -come si dice?- tranciante: sembra scritto con gli scarti di due Bar Sport, attorno alla bozza di un romanzo sull'appennino, coi personaggi di altri racconti. Sopravvivono a malapena il Nonno Stregone e Fen il Fenomeno - e poco altro. Il resto è una sfilacciata e inconcludente rassegna di luoghi benniani, una vetrina del tempo che fu. Sembra scritto a forza. Temo di dover esigere di più dall’autore.
Proprio perché ho avuto la ventura di incontrarlo, e proprio perché lo ammiro, lo dico.
A volte guardare negli occhi una persona è illuminante – e il Lupo a maggior ragione, che lampeggia e dardeggia acquoso mentre gli parli, in attesa di decidere se sei caccola dell’universo o esemplare della perduta stirpe della Gente Umana, e in entrambi i casi ti ama generosamente, perché non ne può fare a meno.
Non ho certo la presunzione di conoscerlo, come alcuni tuoi commentatori che lo seguono assiduamente, e neanche l’arroganza di criticare le sue scelte. Però Pane e tempesta è un mezzo disastro e se gli voglio bene lo devo dire. È uno scrittore, non madreteresadell’appennino. Quel che è peggio è che è scritto male. Svogliato, a tratti sciatto.
E qui torno al mio commento: Stefano Benni questo non lo voleva scrivere. O comunque non ci ha creduto. Ed è sintomatico che proprio lui, in un suo libro, dubiti della speranza tanto da far crollare – sconfitto, e senza appello - il Bar Sport e le sue anime. Sintomatico di un momento in cui non è ispirato da nulla. Non ha compreso – questo è il rimprovero che posso muovergli – che il Bar Sport non può morire, perché l’ha immortalato lui. Che il Baol esiste, mica è scomparso. L’ha creato lui, sta nei libri. Lee e i Comici spaventati guerrieri, Tristalia, Carmilla, Brot, Talete e il Ballerino di tango, la pallastrada. Non ci si può congedare da questi mondi: vivranno per sempre. Il suo comico è destinato alla malinconia compiaciuta e fine a se stessa, se cerca di riprendere le fila dei bei tempi andati. Se invece ritrova il coraggio di sperare, che è poi credere nella bellezza degli umili che ruttano per amore al tramonto sorseggiando brani di filosofia, di combattere per quelle poche cose preziose che questi tempi cupi non possono assassinare, allora si tornerà a godere delle sue (nuove) storie. Ma se non ci crede lui per primo, a noi cosa resta?
E una postilla per chi, come Andrea e me, è cresciuto a pane e Benni: io lo stronco perché gli voglio bene. E volergli bene senza manco conoscerlo, senza manco sapere chi è davvero, beh, mi sembra sia abbastanza. Non rompiamogli i coglioni: se avrà voglia di scrivere qualcosa di meglio, lo farà.
E poi, ma proprio alla fine, una richiesta a Lo di esprimersi, se se la sente.

Pane e tempesta
Stefano Benni
Feltrinelli 2009

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ti ho letto solo ora.

Bella recensione, ancor più bello l'approccio. Ad avercene.

andrea scanzi