martedì 23 settembre 2008

Motivato e diligente

Mi ero ripromesso di non scrivere di lavoro sul blog, ma adesso è difficile. Nelle scorse due settimane ho seriamente considerato l’ipotesi di licenziarmi e andare a scaricar casse all’ortofrutta. Per molte ragioni, non ultimo lo stracarico di lavoro, ma soprattutto per l’overdose di fregnacce che simili periodi si portano sempre dietro. Tutto perché a qualcuno non è ancora venuto in mente che i tempi di produzione, tra risorse umane e tempi macchina, vanno calcolati in base a quanto ci metti a farlo – anche alla massima velocità, ci mancherebbe – e non in base a quando hai fissato il prossimo appuntamento con il cliente. Come se chiedessi al muratore di tirarti su una casa in due settimane anziché tre mesi, perché ho già fissato la cena di inaugurazione e non si può mica far figure.
E quanta, quanta merda: non ricordo di aver mai lavorato così male e con così pochi e scarsi risultati. Manco quand’ero in Saatchi e c’era da far nottata per le consegne di Le Roy Merlin o Disney. Ai limiti della decenza e del pudore professionale. E quando vedono quella roba che hai pensato o scritto, fa schifo a tutti ma te ne chiedono ancora. La macchina non va fermata, e comunque il cliente non capisce.
Pare che siamo tutti imbecilli, a questo mondo. Oddio, qualcuno sì, ma non è questo il punto.E poi tensioni, bestemmie, incazzature. E il cervello che non ti funziona a dovere, non ti segue. Pensare in fretta è diverso dall’agire in fretta. Infine il pensiero che tutto questo sia solo la somma finale di una noia invincibile, ormai espressa per accumulo, un corto circuito per sovraccarico di copie conoscenza degli stessi prodotti, delle stesse difficoltà, delle stesse urgenze, giorno per giorno, ora dopo ora. Nessuno si lamenti, per carità. Però quest’insofferenza, pure oggi che sto più tranquillo, non se ne va.

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