giovedì 7 febbraio 2008

Diario #4

Oggi ripubblico il primo dei post del 2006 che provano a raccontare la nascita del Normannino.

[26/07/2006]
Occhi
Non è facile, non è facile. Anche chi ha, o presume di avere la lingua per raccontarlo. Il mio è un racconto a ritroso, impossibile rispettare la linea del tempo, la sequenza degli eventi. Comincia a metà di una contrazione, quando la Normanna ha cinque ore di travaglio sulle spalle e davanti a sé una sola, esplosiva spinta. Ho davanti agli occhi la testa di mio figlio. Lo vedo spuntare dalla tela verde, ha gli occhi chiusi e la pelle rossa; la pelle non è grinzosa, non c’è traccia di sangue. Penso ‘sta accadendo’, dico qualcosa che somiglia a un ‘lo vedo’, o forse faccio eco all’ostetrica che chiama l’ultima spinta. Dietro intuisco i volti tesi e attenti, le mani aperte del ginecologo, le infermiere con le mani alte a impugnare qualcosa. Sulla sinistra ho un altro medico in camice bianco che un momento prima, con una punta di panico, ho visto saltare sul lettino per appoggiare (delicatamente, ma io non lo posso sapere) tutto il suo peso sulla pancia di mia moglie. La Normanna grida, io le sussurro all’orecchio. Vedo le gambe tendersi nello spasmo, l’ultima contrazione è qui, ora, sento gridare, le figure davanti a me muoversi fluide, contemporaneamente, rapidamente. Vedo il corpo di mio figlio uscire intero, sollevato per un istante lunghissimo, il cordone sobbalza, le mani di medici e infermieri si fanno avanti, ancora più rapide. Lo abbassano oltre la mia linea visiva, il tempo si fa immobile. Sordo. Una sequenza senz’audio. Un respiro trattenuto. Due, forse tre secondi. Mia moglie urla ‘dov’è?’, faccio per piegarmi su di lei e in quell’esatto momento mio figlio apre la bocca, respira e inchioda l’aria con un grido violento e sano. Ora lo vedo. La Normanna scioglie un pianto di felicità, io la stringo ma non so cosa sto facendo, non riesco a staccare gli occhi di dosso da quel lungo corpicino col testone contratto nella smorfia. Apre gli occhi nel momento in cui lo sollevano per allontanarlo, aspirare via il liquido e pulirlo. Io non riesco staccare gli occhi. Sento tutto, capisco tutto, parlo a mia moglie, la accarezzo e la bacio, ma i miei occhi sono là, irresistibilmente allacciati fissi incastonati in quelli di mio figlio. Che mi guarda.

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