mercoledì 12 ottobre 2011

Galleria Manzoni è un problema nero


Leggo il pezzo on line della Provincia Pavese e, ancora, niente di nuovo. Non ce la facciamo proprio, a vedere le cose fuori dal nostro ombelico di pavesi di Pavia. Chiariamo: io sopra la Galleria Manzoni ci abito. Non proprio lì, non in quei condomini con l'ingresso in Galleria o sotto, dai sotterranei - in ogni caso, conosco diverse famiglie che ci abitano. E ogni giorno vedo quel che accade.
Quello che accade è che al mattino si spaccia per i ragazzi delle scuole, come si spacciava quando andavo al Liceo, addirittura nello stesso punto - poi se c'è anche un appartamento che fa da base la Polizia dovrebbe saperlo - o no? Che più o meno tutto il giorno e fino alla notte c'è sporcizia, e questo in una Galleria privata denota non solo che i passanti (studenti, clienti dei negozi, perdigiorno di varia nazionalità d'origine) sono poco o nulla educati, ma anche che i proprietari sono negligenti. Che dal tardo pomeriggio fino alla notte ci sono gruppetti muniti di birra che stazionano sul corso e si comportano male, dagli apprezzamenti alle ragazze fino alla rissa. Urinano, ammaccano le auto parcheggiate lì, lasciano sporcizia ovunque. Tanta. E fanno paura.
Quelle facce. Nere. Marroni, Marrocine. Gialle. Questo è un fatto indiscutibile, da far notare ai tanti buonisti come me che hanno invece simpatia per le società multicolori. Qui non si può fare a meno di notare il colore della pelle. I cinesi, i sudamericani, i nordafricani, gli africani quelli scuri - che ne sappiamo noi, l'importante è che non ci rompano le scatole. Attenzione, poi, perché noi pavesi non siamo razzisti: è che proprio non se ne può più del comportamento sguaiato o delinquente. Come quello sul sagrato del Duomo, fuori dalla caffetteria vicino al Ponte, fuori dai pub. Lì, però, è diverso: sono normo-automuniti, normo-vestiti.
Se quelli di Galleria Manzoni fossero normo-colorati e italiani standard, meglio se pavesi, quei comportamenti sarebbero tenuti in conto diversamente. Non meno, solo: diversamente. Perché conosceremmo le famiglie, o quasi: avremmo nipoti, ex compagni di scuola, vicini di casa, prestinai e spazzini che li conoscono, sanno chi sono, e il malnat, se lo conosci, sai anche dove andare a prenderlo. Invece così, no, non si può.
Cosa succede in Galleria Manzoni? Succede che ci sono gli stranieri. I neri, gli sfumati, i tendenti al nero o al giallo.
L'ubriaco, il gruppo di ubriachi, il pericolo dei litigi e delle risse è un problema sociale, prima che di ordine pubblico. La sporcizia una sua diretta conseguenza. Se invece di bere facessero qualcos'altro, questi uomini e ragazzi e ragazzini, già sarebbe un progresso. O no? E gli emarginati, come è che hanno un colore adesso?
In altri Paesi esiste la figura del mediatore culturale, non siamo capaci di formarne qualcuno e avviare un programma di inserimento e interazione delle comunità di origine straniera? In una città universitaria, non c'è nessuno in grado di studiare e spiegare cosa sta succedendo?
Se diventa un ritrovo di migranti perché ci sono negozi etnici, bene, che sia un ritrovo e il più piacevole possibile. Che se ne vadano i vigilantes e si mettano tavoli e sedie, opportuni bidoni della spazzatura. E un bagno chimico almeno vicino. E ai commercianti e ai proprietari e ai mediatori si chieda di vigilare sui comportamenti a rischio.
Pavia fa conoscenza con un problema sociale e che fa? Lo ignora, vestendolo da problema di disordine pubblico, a cui deve rimediare l'Ordine pubblico. O privato, in questo caso.
Per Galleria Manzoni il futuro è prevedibilmente nero.

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