In un mese (ma se fossi onesto con me stesso dovrei dire un anno) che pare funesto - non tanto per me e i miei Normanni quanto per le nostre famiglie – decidere del mio futuro è come scivolare in un sacco a pelo pieno di ansie, e rigirarsi nella speranza di trovar sonno comunque.
Eppure proprio per questo lo faccio, anzi l’ho già fatto.
È tutto pronto per la mia piccola rivoluzione, anzi niente lo è, ma devo aspettare di poter dare effetto alle mie decisioni, renderle note e chiare a tutti. Almeno per qualche settimana ancora, devo tenermi tutto qui dentro.
Il risultato è che sto vivendo questi giorni come un sonnambulo. Cammino sul cornicione. Addormentato quel tanto che basta a non guardare giù, azzeccando i passi in base a miracolosi istinti di sopravvivenza, tipo Tom e Jerry, dal tetto alla putrella all’impalcatura all’albero al palloncino che ti riporta giù, sano e salvo nel tuo lettino. Aspetto solo di arrivare dove devo andare.
Di fuori una strana, lucida calma si è impadronita del mio comportamento: pazienza e disciplina, autocontrollo. E mi sforzo di non mettere i piedi nei nidi di ansia in fondo al sacco. Di non pensarci, di dormire bene perché il peggio e il meglio devono ancora venire. Adesso possiamo giusto fare le prove generali.
Di dentro ho una specie di nodo scorsoio, di quelli che più ti dibatti e più ti stringe. Ogni tanto mi lega i movimenti, o le parole. Come adesso.
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