Di recente faccio sogni piuttosto cupi. Questa notte, complice l'aver sentito di un caso di cronaca atroce, o almeno più atroce del solito, ho sognato che mio figlio era in pericolo - non so quale, pericolo, ma chiamava e, in una visione davvero banale, tipo videoclip strobo della mia adolescenza, non riuscivo a raggiungerlo. Questo per pochi, lunghi secondi.
Poi, al sogno è subentrata la coscienza: non se a voi accade, a me piuttosto spesso. Che un sogno, di cui si abbia improvvisamente la consapevolezza, si possa pilotare, rompere e ricucire, cambiargli il finale.
Ebbene, io ho cambiato finale al sogno, mi sono liberato dalle pastoie che mi tenevano legato e l'ho afferrato e intanto non sentivo né la mia voce né la sua, ma l'audio di un televisore che recitava le battute di un film di cappa e spada, tipo Stuart Granger in Scaramouche, e il personaggio diceva - per lo meno, io questo ricordo di avergli sentito dire - "... O morirò nel tentativo".
Questa schifezza di sogno l'avevo anche rimossa, stamattina, nel primo risveglio. Mi è tornata in mente ora, che più o meno piacevolmente galleggio in un lago di paracetamolo, aspettando che il tè si freddi. Da qualche parte in me si rinforza l'idea di non aver digerito qualcosa, ieri sera. Il risotto, o forse gli anni '80.
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